Un preoccupante rapporto dell’International Labour Organization (Ilo), ha stimato il numero di disoccupati nel mondo in 197 milioni nel 2012 e la previsione è, purtroppo, quella che entro i prossimi cinque anni il numero crescerà ancora, raggiungendo i 210 milioni. Su una popolazione totale di circa 6 miliardi di persone, significa che oltre il 3% …
Un preoccupante rapporto dell’International Labour Organization (Ilo), ha stimato il numero di disoccupati nel mondo in 197 milioni nel 2012 e la previsione è, purtroppo, quella che entro i prossimi cinque anni il numero crescerà ancora, raggiungendo i 210 milioni. Su una popolazione totale di circa 6 miliardi di persone, significa che oltre il 3% di tale popolazione non ha un reddito da lavoro. Dall’inizio della prima crisi (nel 2007) il numero di disoccupati è cresciuto di 67 milioni. Tra questi, secondo l’Ilo, 39 milioni sarebbero i cosiddetti “scoraggiati”, cioè quelli che rinunciano a cercare un posto di lavoro a causa dell’impossibilità di trovarlo.
Il rapporto, che prende in considerazione sia le economie avanzate, che quelle in via di sviluppo, stima che nel 2013 i disoccupati cresceranno ancora di oltre 5 milioni (raggiungendo i 2012) milioni e di altri e 3 nel 2014. Nel 2012 il posti di lavoro persi sono stati oltre 4 milioni (rispetto al 2011), suddivisi per un quarto nelle economie progredite e per gli altri tre nelle economie in via di sviluppo. Un dato anch’esso preoccupante in quanto, almeno in via teorica, potrebbe indicare un rallentamento dello stesso sviluppo, dovuto ovviamente alla crisi mondiale, la quale si è dimostrata molto più persistente di quanto previsto inizialmente.
In Italia, oltre ad essere calata sensibilmente la popolazione lavorativa, si è fatto un gran ricorso al contratto part time, con un aumento del 3-4% medio, al pari di Austria e Cipro, solo l’Irlanda ha fatto “peggio”, con il 5.7% di contratti part-time in più. A pesare sull’Euro Area, si legge ancora nel rapporto Ilo, è stata anche “L'incoerenza tra le politiche monetarie e quelle fiscali, adottate in diversi paesi, unitamente ad
un approccio frammentario al settore finanziario e ai problemi del debito sovrano”.Tutto ciò ha portato ad “un’incertezza sul globale”, che pesa sugli investimenti, quindi sulla crescita e di riflesso sulle possibilità di occupazione.