Una formidabile risorsa dell’entroterra romagnolo è certamente l’area appenninica, la cui maggior parte, dal 1993, è compresa nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. Si tratta di un territorio allungato che va dal comune di Tredozio (provincia di Forlì-Cesena) fino a quello di Chiusi della Verna (provincia di Arezzo), comprendendo tutto il crinale che fa da spartiacque fra Romagna e Toscana: un’area dominata dalle cime del Monte Falco (1658 mt) e del Monte Falterona (1654 mt) e impreziosita da insediamenti monastici come l’Eremo di Camaldoli e il santuario francescano de La Verna, entrambi, con alle spalle, quasi mille anni di storia.
Indice
Tipologia e trasformazione dell’ambiente
Questo territorio, fino agli anni ’50, era caratterizzato da insediamenti umani in poderi sparsi nei boschi (di cui oggi si hanno traccia di ruderi, spesso coperti dalla vegetazione), nei quali intere famiglie vivevano di piccola agricoltura, allevamenti e attività artigianali, spesso legate alla lavorazione del legno, presente in zona in quantità o all’intreccio del vimini. I decenni successivi hanno segnato un totale spopolamento delle aree più elevate dell’Appennino verso i paesi montani del fondo valle che, a loro volta, hanno subìto, negli ultimi anni, un forte decremento in termini di popolazione, causato da flussi migratori, specie dei giovani, verso le città della pianura.
Attualmente, le sorti di questi territori sembra siano a un bivio: graziosi paesi come Premilcuore, Corniolo, S. Benedetto in Alpe, Badia Prataglia, un tempo vivaci centri montani, si ripopolano d’estate, ma nel corso dell’inverno si “addormentano”, quasi avvolti da un torpore non solo climatico, ma essenzialmente vitale. Purtroppo, con il diminuire della popolazione, in certi casi, sono venuti meno servizi fondamentali (esercizi commerciali, scuole, servizi postali e bancari ecc…) per chi è rimasto a vivere in queste zone. Il bivio a cui si accennava sostanzialmente porta in due direzioni:
- la prima è quella di un proseguimento del trend attuale, che tristemente, in lasso medio/lungo di anni, porterà ad un ulteriore ridimensionamento di queste comunità.;
- la seconda, invece, è un possibile cambio di passo, di cui possono essere protagonisti sono gli abitanti del luogo – specie i giovani – con la promozione di servizi innovativi e interessanti opportunità sia per i residenti che per i turisti.
Progetti innovativi per lo sviluppo
In quest’ottica qualcosa si sta muovendo. Particolarmente significativa è l’esperienza avviata due anni fa a San Zeno, piccolo borgo nella valle del Rabbi a pochi chilometri da Premilcuore dove, per iniziativa di tre giovani del posto (Davide Casamenti, presidente – Stefano e Maicol Mescolini), è stata creata una cooperativa di comunità, una nuova forma societaria che nasce dal basso e che prende spunto da valori tradizionali come quelli del buon vicinato e dei servizi alla persona.
I tre promotori hanno dapprima ristrutturato, poi aperto una pizzeria (Pizzeria le Forche) con annesso anche un laboratorio di produzione di pasta fresca. In più si occupano, durante il periodo scolastico, del trasporto dei bambini della zona presso le scuole dei paesi vicini e hanno in animo di allestire anche servizi per gli anziani, per la consegna di farmaci o per accompagnarli a visite mediche.
Ultimo progetto della cooperativa, recentemente portato a termine, è la risistemazione del parco di San Zeno, per la quale è stata attivata anche una campagna di crowfunding, con il coinvolgimento di volontari del paese. Il parco pubblico, che verrà inaugurato a settembre nel corso di un evento è, nelle intenzioni di Davide Casamenti e dei suoi soci, un primo passo di un cammino volto a creare altre azioni, in collaborazione con le istituzioni, le imprese del territorio e i cittadini, per la qualità della vita nel piccolo borgo di San Zeno.
La valorizzazione del territorio
Di particolare interesse, nella valle parallela, esattamente a San Benedetto in Alpe, borgo dove prende vita il sentiero per giungere alle cascate dell’Acquacheta (citate da Dante nella Divina Commedia), è l’apertura, nel 2017, di un punto vendita denominato La Bottega di Sadurano, per iniziativa della cooperativa CTA (Cooperativa Territorio Ambiente). Erano anni che nel paese (gli abitanti attualmente sono 143) non veniva aperto un negozio, anzi si è assistito ad una progressiva chiusura delle serrande dei pochi attivi. La particolarità della Bottega sta nel fatto che vi si trovano specialità gastronomiche (la maggior parte biologiche) prodotte dalla cooperativa (carni, formaggi e latticini, uova, salumi, confetture ecc…) e anche da artigiani e privati del luogo. Insomma un’operazione commerciale che valorizza la comunità locale e che tiene viva la fiammella di una vitalità tutta da conquistare.
Un’altra interessantissima iniziativa riguarda la costituzione dell’Associazione Italiana della Via Romea Germanica, datata 2012, per iniziativa dell’allora sindaco di Santa Sofia Flavio Foietta e di Rodolfo Valentini, attualmente guidata dal presidente Liviana Zanetti (ex presidente dell’APT Emilia Romagna). Si tratta di un’iniziativa nata appunto sull’Appennino Romagnolo, con l’obiettivo di associare tutte le istituzioni pubbliche, che governano i territori interessati alla Via in Italia (attualmente hanno aderito 36 amministrazioni comunali), che lavora in sinergia con altre associazioni del tracciato (la Tedesca Förderverein Romweg – Abt Albert Von Stade e l’Associazione Austriaca Jerusalem Way), che parte da Stade (nel Nord della Germania) per giungere fino a Roma. Fra gli obiettivi dell’associazione risultano chiaramente, oltre alla promozione di un turismo “lento” tipico dei Cammini religiosi, anche la valorizzazione dei territori, in stretta collaborazione con le persone che ci vivono. Anche in questo caso, un’opportunità di sviluppo che parte dall’iniziativa e dall’inventiva del territorio, assai preziosa per allargare gli orizzonti turistici di un’area bellissima e, purtroppo, ancora non troppo conosciuta.
Specialità gastronomiche
L’Appennino Romagnolo è ricco di trattorie, agriturismi, ristoranti che valorizzano i prodotti enogastronomici del territorio, proponendo una cucina che è il frutto di una vera e propria contaminazione con la vicina Toscana. E’ bene ricordare che questi luoghi montani, fino al 1923, facevano parte proprio della regione il cui capoluogo è Firenze, per cui tutta l’area è intrisa, a livello di tradizioni e costumi, di questa doppia personalità, ben evidente proprio negli aspetti legati al cibo.
La contaminazione con la Toscana
L’esempio forse più emblematico di questo aspetto è l’agriturismo Il Poderone gestito da Lorenza, una signora che da sempre vive in queste zone, e che ha ristrutturato, una ventina di anni fa, il vecchio casale di famiglia, posto a 3 chilometri prima di Campigna, facendole una struttura ricettiva e di ristorazione. Le sue prelibatezze sono proprio espressione di questa contaminazione: serve infatti acquacotta, fantastici spaghetti alle rape rosse, enormi cappelletti al forno, gustosissimi cantuccini con farina di castagne, uniti alle classiche tagliatelle al ragù e agli arrosti tipici della tradizione romagnola.
Qualche chilometro più su da non perdere l’albergo Granduca, ricavato in una bellissima costruzione storica, presso il quale si può degustare un menù più classico, ma ugualmente gustoso, fra cui emergono i profumi e la bontà delle scottiglie di capriolo e cinghiale e i classici condimenti a base di funghi porcini, di cui l’area è ricca.
Cambiando vallata e affacciandosi a quella del Rabbi, da segnalare la Trattoria del Cervo, che si trova a qualche chilometro da Premilcuore: un locale dove è possibile apprezzare una tipica cucina di montagna a prezzi popolari, ma comunque di qualità. Fra le produzioni del territorio non si può omettere quella di formaggi e latticini: fra queste ne segnaliamo due che, per qualità, sono degne espressioni di questa area montana:
- l’azienda agricola Daga (Podere Mezzacà, nelle colline sopra Rocca San Casciano) che produce uno straordinario pecorino saporito;
- l’azienda agricola La Montanara (Portico di Romagna), che, oltre a carni di vario tipo, offre uno squisito raviggiolo e una ricotta di mucca che non ha eguali in tutto l’Appennino.
Le meraviglie ambientali in Appennino: alcune escursioni
L’Appennino è ricco di sentieri ben segnalati che consentono una varietà di escursioni molto suggestive. Oltre ai 9 Sentieri Natura (tracciati di agevole percorrenza, lungo i quali sono presenti punti di osservazione con bacheche illustrative sulla geomorfologia, sulla vegetazione, sulla fauna e sulla storia del territorio), ne proponiamo tre particolarmente significativi.
Cascata dell’Acquacheta
Il primo ha come meta la bellissima cascata dell’Acquacheta: il punto di partenza è San Benedetto in Alpe, ultimo borgo della Val Montone, prima del Passo del Muraglione. Si tratta di un tracciato in leggera salita che si percorre in circa 1 ora e 30’, attraversando luoghi incantati e seguendo, per lo più da posizione elevata, il corso del torrente Rio Bianco. Giunti alla cascata, che apparirà maestosa alla vostra sinistra, si può procedere ancora un po’ per arrivare ad un’altra suggestiva cascata, che si getta su una pozza circolare. Di lì, in pochi minuti di salita si giunge alla Piana dei Romiti, dove sono visibili i ruderi dell’eremo dell’Abbazia di San Benedetto. Il rientro è consigliato per la medesima via.
Calla – Camaldoli
Una classica escursione in Appennino è quella che comunemente viene definita “Calla – Camaldoli”: si tratta di percorso leggermente ondulato (senza grandi dislivelli) che interessa il crinale a partire dal Passo della Calla in cima alla Valle del Bidente (65 km da Forlì – 55 da Arezzo) e che conduce al suggestivo Eremo di Camadoli. Dal Passo (1296 mt) si imbocca lo stradello di crinale (percorribile tranquillamente anche in mountain bike) e in circa 1 ora e 30’ si giunge al punto più elevato dell’escursione, Poggio Scali (1.520 mt), cucuzzolo verde da cui si gode di un panorama mozzafiato. Il tracciato prosegue in leggera discesa e, dopo, un’altra ora di cammino, si giunge al bivio (sulla destra), da cui parte un sentiero in forte discesa che, in una ventina di minuti, vi condurrà all’Eremo di Camaldoli, luogo incantato immerso nella foresta casentinese, la cui fondazione risale a San Romualdo, oltre mille anni fa. Oggi è una comunità monastica benedettina che vive nella preghiera e nel lavoro e si apre alla comunità esterna come luogo accogliente di approfondimento culturale e spirituale.
Capo D’Arno
Il terzo percorso che proponiamo prende vita sempre dal Passo della Calla, ma sul versante opposto della strada: l’obiettivo è raggiungere Capo d’Arno, passando per le vette più alte della zona. Il sentiero si imbocca esattamente alle spalle del Bar e si presenta subito in salita in mezzo al bosco: dopo poco più di un’ora la vegetazione si apre e ci si affaccia sugli ampi Prati della Burraia, un tempo piste da sci. Ancora un po’ di strada in salita ed eccoci a Monte Falco (1658), il tetto dell’Appennino Romagnolo, nei cui pressi c’è un terrazzino naturale da cui si spazia verso la Toscana e la zona di San Godenzo. Ora il sentiero comincia a scendere, prima dolcemente, poi in maniera più decisa: un’ora e mezza circa si giunge a Capo d’Arno, dove l’acqua del fiume di Firenze sgorga dalla montagna fra alcune rocce, sulle quali è fissata una lapide, che riporta i versi del Purgatorio di Dante, che ricordano proprio questo luogo. Durante il ritorno, sulla medesima strada, è possibile raggiungere la cima del Monte Falterona (1654 mt.) con una deviazione in salita ben segnalata.
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