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Aprire un’azienda agricola, un’interessante Case History

Che cosa serve sapere per aprire un’azienda agricola? Scopriamolo in questa interessante Case History in cui abbiamo intervistato un esperto del settore.

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Che cosa serve per aprire un’azienda agricola? Quali sono le competenze necessarie? Cosa c’è da sapere? Aprire un’azienda agricola non è forse cosa per tutti. Bisogna avere una certa esperienza ed essere in grado di muoversi tra diverse difficoltà, sapersi rinnovare, saper cambiare. Per saperne di più abbiamo intervistato Luigi Pennati dell’azienda agricola Antonio Pennati S.A., il cui percorso è stato piuttosto variegato.

Aprire un’azienda agricola, intervista Luigi Pennati

Vediamo insieme cosa ci ha detto, come lui e la sua famiglia hanno sviluppato la loro attività e come, negli anni sono riusciti a rinnovarsi e diversificarla.

azienda agricola Pennati

Voi avete trasformato un vivaio in un’azienda agricola che vende frutta e verdura, come vi è venuta l’idea? E’ stata una cosa volontaria o di necessità?

Mio padre ha sempre avuto un’azienda agricola, perché un vivaio è considerato così. Dal 2010 però ci siamo spostati sulla vendita di frutta e verdura al dettaglio, in quanto la crisi dell’edilizia del 2008-2010 ha causato una vendita inferiore di piante. Questo, a sua volta, ha comportato che le piante che rimaste invendute siano diventate grandi, molte di queste erano piante da frutto che hanno iniziato a produrre. Abbiamo praticamente riscoperto questa possibilità, e da lì abbiamo iniziato a investire nel settore frutticolo, spostandoci negli anni sempre di più in quella direzione.

Qual è il vostro tipo di realtà? Avete dei dipendenti? E se sì quanti?

Attualmente siamo sette persone, quattro soci e due (più tre) dipendenti, due donne. Come superficie coltivata invece parliamo di tre ettari e mezzo, divisi nelle varie coltivazioni. Ci sono il vivaio, i frutteti, a loro volta suddivisi in varie categorie ed una parte a orto.

Che cosa serve per aprire un’azienda come questa? Può nascere dal nulla o ci vuole un background di anni?

Serve un’esperienza fatta su se stessi a mio parere. Perché si può anche arrivare dalla scuola con le conoscenze agronomiche e tecniche base, che ti permettono comunque di affrontare la realtà della coltivazione e della produzione, ma in ogni caso ogni azienda agricola deve fare la sua esperienza di almeno 6-8 anni, per poter calibrare la propria realtà nel proprio microclima e anche nel proprio mercato di vendita, perché ogni azienda è diversa. Ognuno si specializza nel suo comparto. Sì, la base scolastica è fondamentale; però senza la pratica nella realtà agricola l’esperienza non è sufficiente. L’esperienza la si fa proprio sul campo.

Che tipo di investimenti avete fatto? Quanto avete investito e in che cosa?

Sul quanto non le saprei proprio dire. Per lo stesso discorso legato all’esperienza. Noi siamo sempre partiti con piccoli investimenti, quasi degli esperimenti, giusto per capire come reagiva innanzitutto il mercato ai nostri prodotti. E poi, dal nostro punto di vista, quello produttivo, per capire come migliorare e perfezionare la produzione dei vari articoli. Quindi siamo partiti sempre con poco per poi incrementare e ampliare.

E’ interessante questa storia dei piccoli investimenti, stiamo parlando di?

Decine di migliaia di euro all’anno. In pratica apriamo un ramo e investiamo in quello per vedere come va.

Ma è una strategia che rende?

E’ una strategia che comporta spese straordinarie ogni anno. Perché cerchiamo di aumentare la produzione. Per cercare di stare al passo con la domanda e poter garantire un buon ventaglio di offerta di qualità alla clientela.

Quali sono le difficoltà maggiori, dove faticate di più?

Grosse difficoltà non ne riscontro, più che altro sono delle piccole complicazioni nuove che sorgono ogni anno. Ogni anno c’è qualcosa di nuovo su cui ragionare. Il nostro lavoro è molto legato all’ambiente. Siamo influenzati da fattori meteorologici e climatici. Dobbiamo anche tenere sempre conto dei patogeni che rovinano le colture e quindi noi dobbiamo capire come proteggerle. Il nostro obiettivo fondamentale è offrire un prodotto sano ai clienti ma proteggendo le colture per garantire produzione adeguata e qualità del prodotto. E’ concentrato tutto su quello, offrire alla clientela un prodotto sano. Noi siamo in regime di lotta integrata. Cioè non siamo biologici, ma neanche convenzionali, ovvero usiamo delle tecniche agronomiche che ci permettono di evitare il più possibile l’uso dei prodotti fitosanitari, pur avendo la possibilità di utilizzarli per salvare la coltura. Perciò utilizziamo reti, teli di pacciamatura, tunnel, tensostrutture che ci permettono di proteggere le piante così da annullare l’utilizzo di prodotti fitosanitari.

Vantaggi e svantaggi: cosa vi piace di più fare e cosa di meno.

E’ una situazione abbastanza bilanciata anche se il lavoro più duro è la scerbatura dei campi, cioè il ripulirli dalle erbacce. Non è che sia così faticoso, ma è fastidioso perché richiede molto tempo, sembra inutile, ma in realtà non facendolo si riduce la produzione, inoltre, le infestanti rovinano il prodotto e rendono molto più difficoltosa e lunga la raccolta.

Si tratta di un’attività fondamentale quindi, pena dei danni economici.

Tenere pulita l’azienda è fondamentale. E’ un lavoro di grande importanza, perché le infestanti vanno in competizione con le colture sia per l’acqua che per gli elementi nutritivi.

A chi lo consiglieresti questo lavoro? Un imprenditore potrebbe mettere su un’azienda agricola senza avere la passione?

Potrebbe farlo chiunque abbia passione e buona volontà. In campagna si inizia la mattina presto e si finisce quando cala il sole. Un imprenditore che non ha passione per l’agricoltura penso non farebbe una scelta ottimale a entrare in questo settore, l’amore per la natura e il mondo agricolo sono essenziali in questa attività, anche perché le ore di lavoro sono davvero tante, e la resa economica non vale sempre l’impegno intrapreso, è impensabile conteggiare unicamente il costo orario.

Non è un parametro da considerare insomma.

No. Anche perché in questo settore non si ha mai la certezza di una produzione. Infatti questa potrebbe essere rovinata da fattori ambientali perdendo il lavoro di una stagione. Bisogna partire dal presupposto di avere la passione per farlo. E di non avere paura dell’ambiente; da fuori sembra tutto bello ed entusiasmante, ma quando ci si lavora dentro non ci si può spaventare vedendo tutti gli insetti e gli animaletti che vivono nel loro habitat! Ma nemmeno lamentarsi per la fatica o per il meteo. Vivere e lavorare in campagna vuol dire sacrifici ma anche tante soddisfazioni, gustare i prodotti delle proprie fatiche, avere una ampia varietà di lavori da svolgere, non c’è modo di annoiarsi, insomma, ma certamente è un lavoro in cui ci vuole passione, esperienza, conoscenze e consapevolezze per farlo davvero bene.

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