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Case green il Parlamento Ue approva la direttiva

Il Parlamento Ue approva la direttiva sulle case green. In Italia però il problema è letteralmente enorme.

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Pochi giorni fa il Parlamento Ue ha approvato la direttiva sulle cosiddette case green, ovvero il provvedimento che impone ai proprietari di case, con alcune esclusioni, di portare le proprie abitazioni in classe D entro il 2033, cioè nell’arco di 10 anni. Un tempo che da molti è considerato così basso dal rendere la direttiva potenzialmente inapplicabile, e mandare così a farsi benedire l’obiettivo green. L’italia è uno dei paesi più colpiti al cuore da questa direttiva (che però non è definitiva), in quanto l’architettura del nostro paese è estremamente particolare. La morfologia frastagliata del nostro territorio ha sempre imposto la diversificazione nella costruzione delle abitazioni ed uniformarle ad uno standard preciso potrebbe essere pressoché impossibile, oltre che incredibilmente costoso.

Si stima che le case da modificare siano tra i 6 e i 9 milioni, un lavoro letteralmente assurdo che richiederebbe un pesante sforzo sia imprenditoriale che dal punto di vista dei proprietari di case, sforzo che potrebbe essere addirittura del tutto improponibile, non solo entro i 10 anni previsti. In un altro articolo sul tema era stato spiegato che, secondo una ricerca fatta dall’Ance, per ristrutturare tutte le case come vuole l’Unione Europea, servirebbero ben 3800 anni. Per ristrutturarne solo il 15%, 630. Va da sé che l’obiettivo così come dichiarato appare del tutto impossibile da raggiungere.

Come portare la casa in classe D

Ma cosa bisogna fare? In Italia esistono milioni di case costruite prima del 1974 che sono solitamente in classe G, ma anche quelle costruite dopo potrebbero tranquillamente non arrivare alla classe D, che sarebbe il requisito minimo richiesto in Europa. Per adeguarle si va dalla sostituzione degli infissi, che consta dai 10 ai 15.000 euro, alla sostituzione della caldaia (più o meno sui 3000 euro, a seconda delle case), alla coibentazione. In quest’ultimo caso si può spendere dai 40.000 euro per un appartamento di grandi dimensioni ai 105.0000 per una villetta. Cifre che ovviamente non è per niente detto la gente possieda, tutt’altro, visto che tra l’altro almeno in Italia gli stipendi non sono praticamente mai aumentati. Insomma c’è un enorme problema di costi, che però, anche nel caso venisse totalmente coperto dallo Stato, che dovrebbe sborsare cifre veramente ingenti, non sarebbe comunque l’unico. C’è infatti un altro problema, anch’esso meramente pratico. Non c’è sostanzialmente il tempo di ristrutturare tutte le case che avrebbero bisogno di essere ristrutturate. In dieci anni, anche partendo domani è letteralmente impossibile modificare milioni di case. Anche e soprattutto perché non si tratta di modifiche fattibili in uno o due giorni, in alcuni casi infatti richiedono mesi e mesi di lavoro. E qui sorge un terzo problema: per effettuare un’operazione del genere bisogna comunque che la casa sia presidiata. E chi dovrebbe presidiarla se il proprietario va a lavorare? Di fatto solo casalinghe, pensionati e chi può lavorare da casa potrebbe sorvegliare attivamente i lavori per tutto il tempo.  La direttiva insomma non tiene conto di problemi prettamente concreti letteralmente impossibili da risolvere, anche escludendo quello dei costi, che è comunque fondamentale.

Quell’assurda tendenza a far spendere le persone

Da qualche anno, vi è una tendenza europea che impone ai residenti dell’Unione di spendere sempre più soldi. Dal comprare l’auto elettrica (cosa che forse rientrerà), il cui costo è maggiore delle altre e la durata minore, alla storia delle case green. Tale pratica è ben strana: a parte il fatto che se una persona ha comprato una casa dovrebbe poi essere lei a decidere quanto, come e perché spendere, ma soprattutto dovrebbe essere lei a decidere “se” spendere. Sostanzialmente si dà per scontato che le popolazioni abbiano comunque i soldi per affrontare spese anche molto ingenti e che semplicemente non vogliano farlo preferendo il fatto di tenerli in banca. Ma questa non è la realtà delle cose. Soprattutto in Italia, che è una nazione molto particolare piena di edifici storici di cui nemmeno ci accorgiamo, capita che la gente viva in case anche piuttosto rinomate che però sono state acquistate, pur con grandi sforzi, da persone assolutamente comuni, ovvero con disponibilità economica normale. Pensare che chiunque possa tranquillamente affrontare spese da decine di migliaia di euro è un’assurdità bella e buona. Anche perché in generale l’economia è cresciuta poco e di conseguenza il tenore di vita non è mai migliorato, quando non è peggiorato. E’ veramente particolare che l’Ue abbia emanato una direttiva che non tiene minimamente conto della peculiare situazione di un suo paese fondatore, cioè l’Italia, rischiando così che la sua direttiva, in loco, resti sostanzialmente lettera morta.

Gli altri obblighi

Esistono altre date importanti. Dal 2028 ogni edificio residenziale nuovo dovrebbe essere ad emissioni zero. Per gli edifici pubblici la data è il 2026. La commissione europea ha però proposto come date 2030 e 2027. Appunto entro il 2033 gli edifici residenziali dovrebbero essere tutti in classe D, in classe E entro il 2030. In questo caso la commissione ha proposto 2030 e 2027, ma cambiando le classi in F ed E. Gli stati membri avranno comunque una certa libertà di decidere quali edifici escludere, però è un fatto che la classe energetica diventerà sempre più importante nell’acquisto o nella vendita di una casa e ciò ovviamente potrebbe impattare non poco sulle finanze personali dei proprietari di abitazioni.

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