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Ciak 2021, come cambia la gestione delle risorse umane?

Sono in atto grandi cambiamenti, per aziende e manager. Farsi trovare pronti, a livello organizzativo e di cultura aziendale, permetterà di rimanere competitivi.

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Ci sono copioni da recitare per filo e per segno, senza cambiare nemmeno una pausa per non alterarne l’essenza, così come ci sono situazioni nelle quali le doti di improvvisazione e di adattamento fanno la differenza, per trovare equilibri tutt’altro che studiati a tavolino. La pandemia ha costretto i professionisti delle risorse umane, manager ed imprenditori, a operare per molti mesi nella seconda delle condizioni, in bilico tra organizzazioni da ripensare di volta in volta e una gestione del personale totalmente diversa da quella abituale.

Ora che, come tra l’altro sottolineato con un hashtag efficace nel recente Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana per la Direzione del Personale è il momento di #Ripartire, quali sono gli spunti emersi in questa fase storica da consolidare, quali le criticità da affrontare, quali i modelli da seguire?

Il futuro è oggi

Sembrano le classiche “domande da un milione di dollari”, e in parte lo sono davvero. Ma ci sono segnali che vanno colti nell’ottica di un cambiamento in senso migliorativo, anche sul fronte della competitività, sia per quello che riguarda le persone, sia per ciò che concerne le organizzazioni. Perché sperare che tutto torni come prima e scommettere sui vecchi equilibri sarebbe davvero poco lungimirante, oltre che probabilmente poco remunerativo.

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Già prima della crisi pandemica non mancavano le spie rosse accese a segnalare problematiche e necessità di interventi legati a questioni come l’innovazione e la digitalizzazione delle aziende, la nuova organizzazione degli spazi e dei tempi del lavoro, la cura del benessere delle persone e gli investimenti nel miglioramento delle competenze. Si pensava forse di avere a disposizione il tempo per una transizione più gentile, ma il futuro si è presentato senza farsi annunciare.

Il ruolo centrale dell’innovazione

L’onda dell’innovazione ha toccato settori che fino a qualche tempo fa sembravano poter fare a meno dell’alfabetizzazione digitale. Mai come in questi ultimi mesi è apparso chiaro come attraverso la tecnologia sia possibile creare e mantenere rapporti con la clientela, o con lo stesso personale interno aziendale, favorendo la crescita anche in situazioni apparentemente sfavorevoli e permettendo di mantenere inalterati i livelli di produttività.

La digitalizzazione sta inoltre favorendo la raccolta e la valutazione dei dati in ambiti dove prima era esclusa, supportando i processi decisionali. Basta pensare ad esempio alle fasi di selezione del personale o ai sistemi di valutazione, sempre meno condotti con carta e penna e affiancati da software ad hoc. Tutto ciò comporta adeguati e strutturati processi di formazione del personale e dei manager, che non possono più farsi trovare impreparati sull’argomento. E se da un certo punto di vista la più grande criticità che salta all’occhio è quella legata all’età avanzata della classe dirigente del nostro paese (dove l’80% dei top manager è oltre i 50 anni di età), appare evidente come sia necessario un rapido e continuo aggiornamento delle competenze, con investimenti mirati.

Ripensare l’organizzazione in chiave flessibile

Sul piano organizzativo, le forme di lavoro ibrido fatte di alternanza tra la presenza e lo smart working sembrano affermarsi come una valida alternativa all’ufficio a tutti i costi. Il periodo emergenziale ha confermato come, a patto ovviamente di saper riorganizzare i processi interni, un’organizzazione flessibile sia ben apprezzata dal personale e insieme consenta di mantenere alti livelli di performance. Secondo i dati del Work Trend Index 2021, il 73% del personale vorrebbe continuare ad avere la possibilità di lavorare da remoto, aspetto da non sottovalutare per un’azienda che voglia attrarre i migliori talenti sul mercato.

Perché proprio il talento, insieme alla motivazione e al coinvolgimento, sono gli aspetti che maggiormente stanno dimostrando di avere influenza sulle performance aziendali. Dove competenze, creatività e benessere si legano a doppio filo con un discreto grado di autonomia, insomma, ecco che i risultati si fanno migliori anche per il business. È il caso, ad esempio, delle aziende selezionate secondo i criteri del Gallup Exceptional Workplace Award, dove si registrano livelli di produttività del 18% più alti e un 23% in più di redditività, oltre a uno stupefacente meno 81% alla voce assenteismo sul lavoro.

Voltarsi indietro alla ricerca di una stabilità che si è fatta obsoleta significherà rifiutare le sfide che il mondo del lavoro sta proponendo in questa fase storica, e probabilmente non farà altro che ostacolare il legittimo desiderio da parte delle aziende di #Ripartire. C’è bisogno, sempre citando il recente Congresso AIDP, di “Nuove organizzazioni per nuove persone”. Auto-formarsi prima di tutto come manager e insieme favorire i processi di formazione del personale, così come puntare su un’organizzazione che meglio sappia rispondere alle veloci mutazioni di questo periodo, scegliendo strategie capaci di tenere in adeguata considerazione il benessere delle persone coinvolte, sembrano essere le armi appropriate per affrontare il futuro con solide prospettive di crescita. Ciak, si cambia! 

Studio Felli

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