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Come resistere al tarlo del perfezionismo al lavoro

Essere bravi è bene, mirare alla perfezione può essere rischioso. Si rischia, infatti, di compromettere la produttività e le relazioni coi colleghi. Vediamo perché

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Ricevere complimenti gratifica tutti, anche chi afferma di non aver bisogno dell’approvazione degli altri. Ecco perché, in un’epoca contrassegnata dalla continua esposizione di sé al pubblico, collezionare dei “like” sulle pagine dei social media può far sentire meglio e procurare quella sicurezza che aiuta ad andare avanti a testa alta. Ma riflettiamoci un attimo: perché sentiamo il bisogno di essere, o perlomeno di apparire, perfetti? Cosa ci spinge a ostentare successi che comprovano la nostra bravura? Il perfezionismo a cui molti di noi tendono per natura o perché indotti dalle dinamiche sociali può trasformarsi, in realtà, in un pericoloso boomerang, specialmente nel contesto lavorativo. Scopriamo perché.

Chi è e cosa fa il perfezionista

Ad approfondire l’argomento è stato il blog di Trello, che ha scelto di dedicare un esteso articolo alla smania di perfezionismo che assale un numero crescente di professionisti. Quello che viene immediatamente messo in evidenza è che non esiste un nesso diretto tra il perfezionismo e la produttività e che, anzi, chi impiega ogni minuto del suo tempo a far sì che le cose risultino impeccabili rischia di ritrovarsi con poco più di una manciata di mosche in mano. L’eccesso di pignoleria porta, di norma, le persone a perdere di vista l’obiettivo principale e a disperdere energie e risorse che potrebbero essere impiegate in maniera più funzionale. Ecco perché è importante parlarne: per imparare a proteggersi dall’insidia del perfezionismo che rischia di mettere le ganasce alla nostra crescita.

Partiamo dalle definizioni: un perfezionista è un soggetto che – nella vita privata come in quella pubblica e lavorativa – rifiuta di apparire fallibile. Secondo gli esperti, è opportuno distinguere almeno tre tipologie di perfezionismo:

  • il perfezionismo orientato su se stessi: ne sono “affette” tutte quelle persone che chiedono troppo a loro stesse e che assumono un atteggiamento eccessivamente critico nei confronti di ciò che fanno;
  • il perfezionismo orientato sugli altri: riguarda quei soggetti che non la smettono di “fare le pulci” agli altri e, come degli implacabili rabdomanti, scovano ovunque imperfezioni ed errori;
  • il perfezionismo indotto dalla società: colpisce le persone che si convincono di dover apparire perfette agli occhi degli altri e che, per non deludere le aspettative di chi sta loro intorno, sono costantemente sotto pressione.

Quando il perfezionismo danneggia la produttività, l’innovazione e le relazioni

Quale che sia il motivo che spinge le persone a voler apparire “infallibili”, occorre ricordare loro che la loro smania di perfezionismo rischia di comprometterne seriamente la produttività. Ad affermarlo sono diversi esperti che sottolineano come i soggetti ossessionati dalla perfezione facciano particolare fatica ad iniziare le cose e tendano (più degli altri) a procrastinare, con conseguenze evidenti sul piano lavorativo. Non solo: ammesso che i perfezionisti riescano a vincere l’ostacolo iniziale e a mettersi all’opera per tempo, la loro produttività può subire comunque dei colpi mortali, a causa delle alte aspettative che hanno su loro stessi. “La produttività non riguarda solo la quantità, ma anche la qualità del lavoro – ha precisato la psicologa Laura Hamil – e quando si hanno delle aspettative irragionevolmente alte su quello che bisogna fare, è probabile che questo infici la capacità di fare bene le cose”. 

Tutto qui? Non proprio. Chi tende alla perfezione mostra di non sentirsi a proprio agio quando deve innovare e sperimentare cose nuove. La sua ossessione per la perfezione lo porta, di norma, a non assumersi rischi e a battere sentieri già sterrati, che gli garantiscono il raggiungimento dell’obiettivo. Sceglie, insomma, di rimanere nella sua “confort zone” e rinuncia alla possibilità di esprimere appieno il suo potenziale. Ma c’è di più: quando il perfezionista prende di mira il lavoro degli altri, le cose possono farsi ancora più complesse. La sua attitudine a pretendere sempre il massimo può, infatti, rendere un inferno la vita dei suoi collaboratori, che vengano solitamente bersagliati e sminuiti. E’ un atteggiamento che, come è facile intuire, può minare seriamente le relazioni e creare un clima insalubre al lavoro. “Il perfezionismo può far perdere umanità – ha tagliato corto Laura Hamil – perché i perfezionisti non tendono ad essere inflessibili solo con se stessi, ma anche con gi altri. Pongono degli standard troppo alti, soprattutto quando ricoprono posizioni di potere, e avanzano pretese insostenibili e spesso irrealizzabili. Questo può creare un clima difficile, che non permette alle persone di essere se stesse”. Non sentendosi apprezzate né valorizzate dal loro capo, le risorse coordinate dal perfezionista tendono, insomma, a gettare la spugna e ad impegnarsi molto poco nel lavoro di squadra.

Perché le persone vogliono essere perfette

E veniamo al nocciolo della questione: perché sempre più persone sentono il bisogno di apparire perfette, soprattutto quando sono al lavoro? Le ragioni possono essere molteplici. Molto spesso, la smania di perfezionismo si origina dal contesto fortemente competitivo in cui ci troviamo ad operare e che ci spinge a pensare che non sia ammessa tolleranza nei confronti di chi si mostra cedevole e insicuro. Altre volte, si tratta di una questione del tutto personale, legata alla propria indole o ad una specifica condizione emotiva. “Le persone con un elevato livello di nevroticismo – ha spiegato la psicologa Erin Baker – tendono a sperimentare, con maggiore frequenza, emozioni negative come l’ansia che è una delle ragioni che può spingere un individuo a diventare un perfezionista”. In altri casi ancora, è la paura di fallire a far imboccare il sentiero insidioso del perfezionismo. Che viene battuto da chi si convince che non riuscire a portare a compimento un qualsiasi incarico equivalga a certificare la propria inettitudine. Il fallimento, che mina irrimediabilmente l’autostima, porta questi soggetti a considerarsi dei poco di buono e li carica di un senso di inadeguatezza e di frustrazione che li spinge ad impegnarsi allo strenuo, per evitare di “fare cilecca”.

3 consigli per sbarazzarsi della smania di perfezionismo

Appurato, dunque, che tendere alla perfezione può essere quanto mai insidioso, cerchiamo di capire cosa possiamo fare per evitare che le cose sfuggano al nostro controllo. Ecco i 3 consigli dispensati dagli esperti di Trello, che abbiamo letto e rielaborato in maniera personale.

Accetta le tue imperfezioni

Inizia a pensare che non bisogna sempre fare tutto quanto perfettamente, ma basta farlo abbastanza bene. Accetta i tuoi limiti e le tue imperfezioni ed impara a conviverci serenamente. La tua fallibilità non ti farà perdere la stima e la considerazione degli altri; anzi, ti farà guadagnare punti perché apparirai finalmente più umano.

Stabilisci dei parametri temporali

I perfezionisti – lo abbiamo detto – possono avere seri problemi con la gestione del tempo. Possono procrastinare all’infinito e accumulare ritardi spaventosi. Per evitare che i tuoi progetti restino a “macerare” troppo a lungo sulla scrivania, poniti dei parametri temporali da rispettare. Concediti un determinato periodo di tempo entro il quale dovrai portarli a termine, a prescindere da quanto possano sembrarti perfetti. In questo modo, sarai costretto a  focalizzarti sulle cose davvero importanti e imparerai a prestare la dovuta considerazione alle minuzie che ti hanno, fin qui, rubato tempo prezioso.

Sii perfezionista in maniera mirata

Se il perfezionismo è un tratto insito della tua personalità, sforzati almeno di farne un uso funzionale alla tua crescita professionale. Non mirare alla perfezione in maniera indistinta (comporterebbe un dispendio di energie enorme), ma solo nel tuo specifico ambito di competenza. Un esempio? Se il tuo mestiere richiede di parlare spesso in pubblico, focalizza la tua attenzione su questa specifica abilità e limitati a fare bene o decorosamente tutto il resto. Chi realizza che non è possibile eccellere in tutto e si impegna a “brillare” solo in ciò che gli compete veramente è destinato a raccogliere quelle soddisfazioni che gli garantiranno stabilità e benessere.

La perfezione è un falso mito, che rischia di danneggiarci al lavoro e nella vita privata. Liberiamoci dalla paura di sbagliare ed impariamo a convivere con le nostre vulnerabilità, che sono le unicità su cui dobbiamo incardinare la nostra voglia di migliorarci. “Il perfezionismo è uno stato mentale pericoloso in un mondo imperfetto” (Robert Silliman Hillyer).

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