Home » Orientamento Lavoro

Come rinnamorarsi del proprio lavoro

Recuperare l’entusiasmo del primo giorno è possibile. Basta fare un’attenta auto-analisi ed individuare l’origine del nostro malessere

Condividi questo bel contenuto


Vi alzate la mattina fiacchi e demotivati? Rabbrividite all’idea di dover affrontare una settimana carica di stress e di frustrazione? Avete perso ogni interesse per quello che fate? Bene, appartenete alla nutrita schiera di lavoratori insoddisfatti: uomini e donne che entrano in ufficio, timbrano il cartellino e svolgono incarichi routinari senza alcun entusiasmo.

Secondo gli analisti, è una condizione ampiamente diffusa, specie tra coloro che vantano già parecchi anni di esperienza. E che conservano un ricordo sbiadito del loro esordio professionale, così carico di speranze e di buoni propositi. Non fatevi assalire dalla malinconia e non lasciatevi vincere dallo scoramento: anche se tutto vi sembra ormai perduto, c’è sempre un modo per venirne fuori. Basta analizzare la situazione con attenzione ed individuare il problema. E convincersi che – a dispetto di quanto possa sembrare – è sempre possibile rinnamorarsi del proprio lavoro.

Come recuperare l’entusiasmo del primo giorno

Perché la maggior parte di noi arriva a disinnamorarsi del proprio lavoro? Molto spesso perché ci sentiamo sottovalutati o perché ci ritroviamo a fare cose che non ci piacciono e non ci appassionano. Ma non solo: chi entra in ufficio col muso lungo, spesso lo fa perché fatica a capire il senso della propria mansione e non riesce a comprendere se, con la sua prestazione, contribuisce concretamente alla crescita dell’azienda.

In pratica: ha la sensazione di lavorare a vuoto e poiché nessuno lo stimola o lo gratifica a sufficienza, si perde in un vortice di disincanto e noia che può portarlo ad odiare ciò che fa. E’ ovviamente lo scenario più cupo, che – a ben vedere – non si discosta però troppo da quello che molti impiegati, operai, liberi professionisti e commercianti sperimentano quotidianamente nella loro vita. Come venirne fuori? Occorre innanzitutto analizzare la situazione ed impegnarsi ad individuare l’origine del problema.

L’importanza dell’auto-analisi

Facciamo un passo indietro e cerchiamo di ricordare cosa ci ha spinto ad accettare il lavoro che ancora adesso svolgiamo e cosa, almeno all’inizio, riusciva a procurarci una certa soddisfazione. Sforziamoci di andare ancora più a fondo: avevamo aspettative troppo alte? Pensavamo di dover svolgere mansioni più interessanti di quelle che ci siamo poi ritrovati a fare? Avevamo equivocato il nostro ruolo in azienda? O abbiamo piuttosto allentato la presa e ci siamo adagiati come fa chiunque diventi bravo ed esperto nella sua professione? Si tratta di interrogativi a cui dobbiamo dare una risposta, dopo aver fatto un’autoanalisi approfondita ed onesta. Valutiamo le diverse situazioni.

Se abbiamo perso l’interesse per quello che facciamo (o non lo abbiamo mai avuto) perché le nostre aspettative iniziali sono andate deluse, allora la faccenda è seria. Il nostro intero percorso professionale si basa su un equivoco, che ci ha portato a credere di poter fare quello che non rientrava, di fatto, nelle nostre mansioni. Ci siamo ritrovati a svolgere un lavoro che non ci piace o che non si confà alle nostre competenze e alle nostre aspirazioni.

Per quanto possa sembrare folle e rischioso, è forse il caso di valutare l’idea di lasciare il lavoro. E di tentare di trovare (per quanto sia notoriamente difficile) un impiego più rispondente alle nostre esigenze. Qualcosa che non ci faccia alzare imbronciati la mattina e che riesca a destare almeno un minimo di interesse. Se abbiamo preso una cantonata, è inutile sperare di potersi rinnamorare del proprio lavoro (che, di fatto, non abbiamo mai apprezzato); meglio tentare di mettersi nuovamente in gioco e fare tesoro dell’esperienza accumulata fin qui.

Combattere la monotonia

Se abbiamo perso l’entusiasmo iniziale per colpa della monotonia, possiamo invece proporre al capo di cimentarci in qualcosa di nuovo, di sperimentare nuovi progetti e tornare a metterci alla prova. Potremmo anche pattuire con colleghi e collaboratori nuove strategie di azione, iniziare percorsi inediti tesi a snudare capacità e competenze rimaste inespresse. Chi si specializza in un ambito e si ritrova a svolgere sempre le stesse mansioni, finisce fatalmente per disinnamorarsi di quello che fa. E’ una regola fisiologica: non bisogna mai abbassare la guardia e non dare mai nulla per scontato. Non esistono lavori noiosi in assoluto (salvo rarissime eccezioni), ma metodologie abusate e dinamiche stantie. Cerchiamo di scansarle ed impegniamoci a riaccendere la fiamma dell’entusiasmo iniziale. Puntando a diventare lavoratori più flessibili e versatili.

Il rapporto con il capo

E se a generare il nostro malessere è, invece, il capo? Se ad indisporci è il suo modo di fare o l’apparente disinteresse che manifesta per tutto quello che facciamo? Anche qui, vanno vagliate le due diverse situazioni:

  • Se il nostro capo ha dei modi di fare che ci infastidiscono e facciamo, per questo, fatica a relazionarci con lui (o con lei), allora possiamo prendere in considerazione l’ipotesi di cambiare. Potremmo, ad esempio, proporre di essere destinati ad un altro dipartimento e di essere affidati ad un responsabile diverso. Ma attenzione: se stentiamo ad entrare in sintonia anche col nuovo superiore, allora vuol dire che il problema è tutto nostro. E che, con ogni probabilità, siamo noi a porgerci nel modo sbagliato con chi ci assegna gli incarichi. Guardiamoci dentro e sforziamoci di comprendere quali lati del nostro carattere vanno migliorati e qual è la condotta più opportuna da tenere al lavoro. Per rinnamorarsi del proprio lavoro, a volte occorre realizzare che a cambiare (in peggio) siamo stati noi. Solo chi si mette in discussione e s’impegna a migliorarsi, può sperare di uscirne vincente. Gli altri finiranno per farsi inghiottire dall’apatia e dalla frustrazione.
  • Se, infine, andiamo a lavoro controvoglia perché ci siamo convinti che il nostro capo non sia minimamente interessato a quello che facciamo, basta parlargli francamente. Esponiamogli i motivi del nostro malessere e spieghiamogli che ci piacerebbe ricevere qualche apprezzamento, incoraggiamento o stimolo da parte sua. Anche i feedback negativi possono sortire effetti positivi purché vengano motivati e formulati con l’unico scopo di migliorare le nostre prestazioni. La sua apparente mancanza di interesse potrebbe essere connessa al carico di lavoro che deve sostenere, non condanniamolo a priori. Anche i capi possono perdere di vista i loro obiettivi e sottostimare le necessità dei loro dipendenti: aiutiamoli a stimolarci nel modo migliore e spieghiamogli che una pacca sulle spalle può fare miracoli. Specie quando ci siamo spesi al massimo per portare a termine l’incarico che ci aveva assegnato.

Rinnamorarsi del proprio lavoro è possibile, non disperate. Esattamente come una relazione sentimentale, anche il rapporto di lavoro va nutrito e coltivato nel tempo. Non pretendete solo di ricevere, ma sforzatevi di dare sempre il meglio di voi. E non cedete all’insidia della monotonia che può trasformare anche il lavoro più creativo e appassionante in una trappola mortale.

Cerchi un nuovo lavoro?

Per avere sempre offerte di lavoro reali e verificate nella tua casella email in linea con le tue esigenze: Registrati su Euspert Bianco Lavoro

Condividi questo bel contenuto
× Eccomi!