La disoccupazione infatti (seppur non sempre ai livelli attuali, difficilmente sopportabili) c’è sempre stata, cosi come le relative proteste di tutti coloro che, a causa di quest’ultima, hanno sofferto davvero.
Tuttavia, questa volta, a manifestare per il proprio diritto al lavoro, sono (per la prima volta) gli immigrati.
Una manifestazione interamente organizzata da quest’ultimi, e condotta dagli stessi per richiedere non sono un’occupazione, ma dignità sul posto di lavoro, e regolarità:
la piaga del lavoro in nero, è risentita sopratutto dai lavoratori stranieri nel nostro paese.
Gli immigrati hanno pertanto deciso di cessare le proprie attività lavorative per 24 ore, in modo da dimostrare che quest’ultimi sono una grande risorsa per il paese, e come tale, meritano rispetto e uguaglianza a tutti gli altri lavoratori.
La manifestazione, tenutasi a Roma e che fortunamente non ha riportato nessun tipo di incidente, è stata condotta all’insegna dei colori (fitta la presenza di palloncini ornamentali) e musica.
Ad appoggiare lo sciopero, il sindacato CGIL, nonchè i vari partiti di Centro Sinistra.
Che i lavoratori immigrati siano una risorsa molto importante per il nostro paese, sono i fatti ed i numeri a dirlo: solo nel Lazio, come riporta il Corriere della Sera, il 10% dei lavoratori sono immigrati, e molti di loro, decidono di intraprendere la carriera di liberi professionisti.
Tuttavia, come per ogni causa, è inevitabile che ci siano delle persone contrarie, che non la pensano allo stesso modo, e ci sono anche dei lati che, obiettivamente, giocano a sfavore della causa in questione.
E’ palese, infatti, che a soffrire di disoccupazione, lavori sotto pagati, stipendi in nero ecc.; sono una enorme fetta di lavoratori immigrati e non.
Insomma, è un mal comune.
Quindi, probabilmente, si poteva organizzare uno sciopero unico, compatto e democratico, che chiamasse in causa tutti i lavoratori: italiani e stranieri.
Tra i contrari, inoltre, figurano anche alcuni immigrati stessi.
Reyna Victoria Terrones Castro, ad esempio, peruviana, ed attualmente presidente di una azienda di pulizie;
ha dichiarato alla testata giornalistica del Corriere della Sera, che appena arrivata in Italia, lavorava anche 14-16 ore al giorno, sempre nel settore delle pulizie, ma la accettata come “gavetta”, come strada necessaria per aprirsi agli italiani; e grazie a questo atteggiamento, è arrivata a diventare una dirigente.
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