Lo scorso giugno sono stati approvati altri due decreti attuativi del Jobs Act, con cui sono state introdotte varie misure per incentivare la flessibilità nel mondo del lavoro. La flessibilità introdotta dal Jobs Act riguarda vari fronti: da un lato, attraverso la riforma, il Governo ha voluto agevolare e favorire la conciliazione della sfera personale con quella professionale. Dall’altro lato il Governo ha inteso aumentare la flessibilità nel mondo del lavoro anche in termini di orario e mansioni.
Di uno dei due decreti di giugno, il D. Lgs. n. 80/2015 “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro” si è parlato prevalentemente per le norme in materia di congedi parentali, ma sempre sul versante della flessibilità questo decreto ha anche agevolato il ricorso delle aziende al lavoro da casa. Infatti, secondo l’art. 23, i datori di lavoro privati che consentano ai dipendenti di svolgere la prestazione lavorativa in remoto per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro in forza di accordi collettivi, possono escludere i lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti (come ad esempio quelli posti per l’assunzione di personale tramite contratto di somministrazione).
Il contratto di lavoro a tempo parziale
Con il secondo dei due ultimi decreti attuativi del Jobs Act, il D.Lgs. n. 81/2015, è stato riformato il contratto di lavoro a tempo parziale (il cosiddetto part time). È venuta meno ogni distinzione tra part time orizzontale, verticale o misto e si può considerare parziale ogni rapporto di lavoro che preveda un numero di ore settimanali inferiori a 40 o il minor numero previsto dal contratto collettivo.
Nell’ambito di questa tipologia contrattuale, sempre nell’ottica di favorire le esigenze di conciliazione vita-lavoro, alle persone malate affette da patologie croniche, degenerative e oncologiche è stato riconosciuto il diritto di chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in uno a tempo parziale.
Ai familiari di questa categoria di malati è invece riconosciuta la priorità di trasformazione del tempo pieno in parziale. Ma le modifiche al contratto di lavoro a tempo parziale non sono terminate qui. È stata infatti superata la distinzione tra clausole elastiche e flessibili. Oggi, previo accordo con il lavoratore, possono essere inserite nel contratto di lavoro a tempo parziale solo delle clausole elastiche che offrano la possibilità di variare le modalità temporali di svolgimento del lavoro o di aumentare l’orario lavorativo. Tutto ciò deve avvenire nel rispetto dei contratti collettivi e quando questi nulla prevedano in merito, la stipula delle clausole deve avvenire dinanzi alle commissioni di certificazione.
Le clausole elastiche devono prevedere tassativamente le condizioni e le modalità con cui il datore di lavoro, con un preavviso minimo di due giorni lavorativi, può modificare la collocazione temporale della prestazione o aumentarne la durata, oltre alla misura massima dell’aumento, che non può in ogni caso superare il limite del 25% della normale prestazione annua a tempo parziale. Le modifiche dell’orario comportano il diritto del lavoratore ad una maggiorazione del 15 per cento della retribuzione oraria.
Per i lavoratori affetti da patologie gravi e per i familiari che se ne prendano cura sussiste la possibilità di revocare il consenso alle modifiche dell’orario di lavoro fatte in forza delle clausole elastiche.
Inoltre il decreto ha introdotto la possibilità per il datore di lavoro di richiedere al lavoratore part time lo svolgimento di ore supplementari, anche in assenza di specifiche previsioni nei contratti collettivi. La richiesta può essere avanzata anche senza previo consenso del dipendente, che per poter rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare, deve dimostrare l’esistenza di valide esigenze impeditive, di natura lavorativa, familiare o formativa.
Il lavoro supplementare non deve però impegnare il lavoratore per un totale di ore superiori al 25% dell’orario settimanale concordato e fa scattare il diritto ad un aumento della retribuzione del 15%, come avviene nel caso delle clausole elastiche.
La flessibilità in tema di mansioni
Ma la flessibilità introdotta dal Jobs Act passa anche dalla possibilità ora riconosciuta al datore di lavoro di assegnare il lavoratore a una mansione inferiore in caso di riorganizzazione aziendale. Questa facoltà è controbilanciata da due limiti invalicabili: il diritto del lavoratore al medesimo trattamento retributivo e l’assegnazione a mansioni inquadrate nella stessa categoria legale di quelle precedentemente svolte.
Con questa modifica è stato riscritto l’art. 2103 del codice civile e tutto ciò, si legge nel decreto, al fine di incentivare la permanenza del lavoratore in azienda anche in contesti di crisi economica e necessità di riorganizzazione, garantendo da un lato le esigenze aziendali e dall’altro quelle del lavoratore alla salvaguardia della propria posizione.
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