Un paradosso? Forse, ma la denuncia di Adusbef e Federconsumatori mostra a chiare lettere una situazione quantomeno originale. A causa della crisi e della disoccupazione imperante, i consumi nel biennio 2012-2013 hanno subìto un calo piuttosto significativo, attestatosi al -6,1%. Eppure, paradossalmente appunto, i prezzi, al posto di diminuire come dovrebbe essere seguendo le leggi di mercato, sono aumentati. A rimetterci, è stato (e continuerà ad essere, anche nel 2013) il potere d’acquisto, e quindi, i consumi. Sì, proprio quelli che continuano a calare. Accade così che siccome sempre meno persone si possono permettere un taxi, il numero di “corse” scende, ma le tariffe aumentano del 5%.
Lo stesso discorso vale, ad esempio, anche per Rc Auto (mercato automobilistico in crisi nera) e alimentari. Anche il loro prezzo è infatti aumentato, nonostante si compri di meno rispetto agli anni precedenti. Questo meccanismo che, descritto in tal modo, appare decisamente antieconomico, porterà alla fine del biennio 2012-2013, ad una diminuzione complessiva del potere d’acquisto calcolata in 3.823 euro a famiglia. Praticamente due stipendi medi. Secondo Adusbef e Federconsumatori, questi comportamenti sono “ai limiti della correttezza quando non semplicemente speculativi”. In effetti, il circuito è chiaro; in parole povere, se si hanno meno soldi da spendere, si compra di meno. Se si compra di meno, l’economia ne risente, cala la produzione, quindi la domanda di lavoro, quindi l'occupazione. Un numero sempre maggiore di persone avrà dunque sempre meno denaro da spendere, alimentando il circuito di cui sopra.
Ma perché accade tutto ciò? E’ difficile se non impossibile dirlo con certezza. Le due associazioni hanno invitato le istituzioni a compiere “verifiche” e, nel caso ad erogare “sanzioni”, verso chi adotta comportamenti scorretti. Un invito sacrosanto, che andrebbe raccolto al più presto. Va però anche detto che, prendendo ad esempio il caso dei taxi (il discorso si potrebbe fare allo stesso modo per altri settori), l’aumento dei carburanti grava sui costi d’esercizio dell’attività e, quindi, almeno potenzialmente sul prezzo delle corse. Se poi il numero di clienti si abbassa per motivi endemici (crisi, disoccupazione, tasse, aumento generale del costo della vita), non dipendenti nemmeno dal suddetto aumento (a prescindere quindi dal fatto che il tassista x abbia veramente ritoccato le tariffe al rialzo o meno basandosi sul maggior costo del carburante), è intuibile come, ad un certo punto, in alcuni casi il rincaro sia necessario, se si vuole mantenere in vita l’attività. Se i clienti diminuiscono ed aumentano costi e tasse, o si chiude o si alzano i prezzi, perché altrimenti si rischia di lavorare in perdita. Insomma, a rimetterci è sicuramente il cliente, costretto a pagare di più, ma la “colpa” del maggiore esborso non sempre è attribuibile al destinatario del pagamento.
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