Si chiama AgrOsserva il corposo documento messo a punto da Unioncamere e Ismea per certificare l’andamento del settore agroalimentare in Italia. Una fotografia dettagliata che, in estrema sintesi, dimostra che le cose nei nostri campi vanno un po’ meno peggio che negli alti settori. Lo studio, che ha preso le mosse dai dati relativi al quarto trimestre del 2015, ha (tra le altre cose) rilevato che la quota di donne che si sono messe alla guida di imprese agroalimentari ha superato il 28%. Sempre più “signore” scelgono, insomma, di scendere in campo (è proprio il caso di dirlo) per avviare un’attività che, molto spesso, riesce a coniugare l’innovazione alla tradizione.
Dai dati raccolti in AgrOsserva si apprende che, tra ottobre e dicembre del 2015, il numero delle imprese agroalimentari registrate in Italia ha superato le 816.500 unità. E che di queste, ben 746.585 sono state imprese agricole e solo 70.002 imprese alimentari. L’intero settore agroalimentare ha avuto un peso del 13,5% sul totale dell’economia nazionale, con il contributo maggiore (pari al 12,3%) proveniente dall’agricoltura e uno ben più modesto (pari all’1,2%) da parte dell’industria alimentare. Ma veniamo al dato che riguarda l’imprenditoria femminile: lo studio ha rilevato che, nel quarto trimestre dello scorso anno, ben 231.835 imprese agroalimentari sono state avviate da donne. Un numero importante, che “stacca” di molto le 54.349 imprese guidate dai giovani e le 16.872 capitanate da imprenditori stranieri. Detta in percentuale: il 28,4% delle imprese agroalimentari italiane aveva, alla fine del 2015, un capo “in gonnella”, mentre i giovani e gli stranieri si sono dovuti accontentare rispettivamente del 6,7 e del 2,1% del campione nazionale.
Ancora: lo studio realizzato da Unioncamere e Ismea ha rilevato che, nel primo semestre del 2015, il 9% delle cosiddette “vere nuove imprese” ha operato nel settore agroalimentare. E che nel 40% dei casi aveva una donna “al timone”. Il dato conferma dunque la crescente “affezione” delle donne al settore agroalimentare che si manifesta nella loro voglia di mettere su un’impresa. Si tratta, molto spesso, di attività che riescono a coniugare l’innovazione con i saperi ereditati dalle nonne. E che, grazie a questo mix vincente, riescono a conquistarsi fette importanti di mercato puntando tutto sulla genuinità dei prodotti e sulla qualità dei servizi offerti.
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