Con l’acronimo Ires si intende l’imposta sul reddito delle società. Vale a dire un’imposta che deve essere versata da società di capitali italiane ed enti. Più precisamente, l’Ires è stata istituita nel 2003 dal Governo Berlusconi con la riforma Tremonti. Sebbene la legge a cui si riferisce è il d.p.r. 917/1986, che istituì l’IRPEG – l’imposta sul reddito delle persone giuridiche – oggi appunto sostituito dall’Ires.
Vediamo meglio di seguito cos’è l’Ires e come si calcola.
Indice
Tutte le modifiche apportate all’Ires con la riforma del 2003
La succitata Riforma Tremonti del 2003 ha profondamente modificato il diritto societario in generale. Qui ci occupiamo specificamente di Ires. Prima di tale riforma, era infatti possibile imputare a conto economico le rettifiche e gli accantonamenti di valore determinati dall’applicazione delle norme tributarie IRES. Ciò comportava che il bilancio di esercizio non veniva rappresentato in modo chiaro e corretto. Pertanto, per ottenere un dato informativo realistico sui risultati conseguiti da un’impresa, occorreva riferirsi al datato punto numero 14 della nota integrativa.
Così si motivavano le variazioni di bilancio (e i vari effetti) determinati dall’applicazione delle norme tributarie in materia di determinazione del reddito d’impresa e IRES. La riforma Tremonti (dal Ministro di allora che ne ha apposto la firma) del 2003 ha modificato così le norme civilistiche, sopprimendo le interferenze fiscali sul bilancio di esercizio: in gergo questa operazione si definisce disinquinamento del bilancio. Cosa ha fatto precisamente questa riforma? Ha abrogato il comma 2 dell’articolo 2426 del codice civile, che consentiva di imputare a conto economico le deduzioni fiscali dall’utile di esercizio, ancorché non rispondenti a quanto dettato dal primo comma dell’articolo 2426 del codice civile. Inoltre, ha modificato l’impostazione delle norme fiscali, prevedendo il sistema del doppio binario.
Qual è attuale aliquota Ires
Prima di esporre cosa sia precisamente l’Ires e come si calcola, partiamo proprio dalla sua aliquota. Come detto, l’Ires grava sul reddito prodotto dalle società (in particolare S.r.l., S.r.l.s., S.p.A., S.a.p.a.) e dagli enti con un’aliquota proporzionale al reddito. Inizialmente del 27,50%, per poi essere abbassata dalla Legge di Stabilità 2016 al 24% (comma 61 Legge 208/2015).
Chi deve pagare Ires
Le categorie di soggetti che devono pagarla sono:
- enti e società di capitali residenti in Italia che svolgono attività commerciale;
- enti e società di capitali non residenti in Italia ma che svolgono una parte della propria attività commerciale sul territorio italiano;
- enti non commerciali, cioè enti pubblici e privati diversi dalle società, però residenti nel territorio dello Stato, che si identificano per il fatto di non avere come proprio oggetto esclusivo o principale, l’esercizio di attività commerciale.
L’articolo 73 del Testo unico delle imposte sui redditi sancisce due criteri per individuare i soggetti tassabili con Ires:
- residenza (3° comma articolo 73);
- oggetto dell’attività (4° e 5° comma dell’articolo 73).
Come si calcola Ires
Vediamo ora come deve essere calcolata l’imposta sul reddito delle società, in base alle varie tipologie di contribuenti.
- Enti e società di capitali residenti in Italia
Al fine di calcolare Ires, gli enti e le società di capitali residenti nel nostro Paese devono partire dal presupposto che ogni reddito, a prescindere dalla fonte, sia un reddito d’impresa. Occorre comunque sempre partire dall’utile di esercizio che risulta dal conto economico. Esso però va poi rettificato al fine di tenere conto delle variazioni fiscali in aumento o in diminuzione previste dal Testo unico delle imposte sui redditi. Un esempio di ciò sono le particolari percentuali di deducibilità previste per i costi di telefonia, rappresentanza, ecc.
- Enti e società di capitali non residenti in Italia
Per questa tipologia di società di capitali ed enti non residenti, la base imponibile su cui calcolare IRES è costituita solo dai redditi prodotti sul territorio dello Stato italiano. Per quanto concerne invece la base di partenza, il discorso rimane invariato rispetto a quelle residenti: essa è costituita ugualmente dall’utile che scaturisce dal conto economico.
Poi bisogna capire se questa tipologia di società di capitali ed enti non residenti svolgono un’attività commerciale o non commerciale. Infine, se svolgono la loro attività sul territorio dello Stato italiano mediante una stabile organizzazione.
Alla luce di questi presupposti, ci si può trovare dinanzi a 3 casistiche riguardo il calcolo IRES delle società di capitali e degli enti non residenti:
- se i soggetti non residenti svolgono attività commerciale ed hanno una stabile organizzazione nel territorio dello Stato: nella fattispecie i loro redditi prodotti sono assorbiti dalla stabile organizzazione medesima, la quale è fonte di apposito conto economico. Il regime fiscale da applicare sarà dunque uguale a quello delle normali società commerciali residenti;
- enti e soggetti non residenti che non hanno stabile organizzazione ma svolgono ugualmente attività commerciali: il regolamento che vale per esse sono le medesime previste dal titolo I del Testo unico delle imposte sui redditi in materia di IRPEF;
- per gli enti non commerciali e le società non residenti: valgono le regole che regolano la fiscalità degli enti non commerciali residenti.
Enti non commerciali
Cosa bisogna invece considerare per il calcolo IRES per gli enti non commerciali residenti sul territorio dello Stato italiano? Occorre innanzitutto dire che nel caso in cui un ente non profit (che si tratti di associazione, fondazione, o altro) residente decida di svolgere, ancorché in via non prevalente, attività commerciale, ha l’obbligo di avviare la partita IVA. Poi, in modo periodico, dovrà avere cura di detenere una contabilità separata per l’attività commerciale svolta. Per questa categoria di attività, la base imponibile viene individuata seguendo le regole previste per le persone fisiche.
Le società non commerciali dovranno riferirsi agli articoli 143-149 del succitato Testo unico delle imposte sui redditi. Ciò in quanto il reddito totale è costituito dalla somma delle singole categorie reddituali, secondo le regole di determinazione previste per ciascuna di esse dalla normativa IRPEF.
Come determinare l’utile fiscale
Abbiamo più volte accennato all’utile di esercizio. Ma come si determina? Esso scaturisce dal cosiddetto «doppio binario». Vale a dire l’applicazione di regole differenti a seconda che venga determinato il reddito civilistico da bilancio di esercizio; ovvero il reddito fiscale che verrà riportato nella dichiarazione dei redditi modello unico.
Il primo scaturisce dai principi civilistici e contabili in materia di bilancio di esercizio, e si fonda sul principio della competenza economica. L’utile fiscale, a sua volta, viene calcolato aumentando o diminuendo il reddito civilistico delle componenti fiscali positive e/o negative disciplinate dal Testo unico delle imposte sui redditi.