Il ministro del Welfare uscente Elsa Fornero ha tenuto a difendere la sua riforma del lavoro, quella, per capirci, che verrà adottata e implementata dalla lista Monti, nel caso dovesse vincere le elezioni. Secondo il Ministro “iniziano a vedersi i primi risultati”. In questo senso ha citato i contratti con “gli istituti di lingue” e quelli per i “promotori della vendita”. Secondo la Fornero è un percorso che va costruito “mattone su mattone” ed è molto orientato ai giovani: “Se si costruisce bene a partire dall’apprendistato, si vedranno i risultati”.
In effetti, la riforma del lavoro e quella delle pensioni sono state sicuramente tra le due più contestate degli ultimi anni, così come lo è stata la stessa Fornero, che pochi giorni fa si era detta “amareggiata”, aggiungendo di stare pensando “di lasciare l’Italia”. Un recente sondaggio online diffuso dalla Cgil ha messo in mostra come proprio per la riforma Fornero, il 27% dei contratti precari, non siano stati rinnovati. E come, in molti altri casi, le condizioni del contratto, dopo il rinnovo, siano peggiorate. Il Ministro però non ci sta ad essere additata come la responsabile di una mezza catastrofe. Alle critiche ha ribattuto che “si deve costruire, perchè qui non sono piu’ in ballo gli equilibri politici, sono in ballo i destini delle generazioni giovani”. Insomma non si può "vendere illusioni" nell'immediato, bisogna invece che si faccia qualcosa di "serio".
La questione giovani però è piuttosto articolata. L’Italia è in teoria uno Stato che punta molto sui giovani, anche culturalmente. Lo prova il fatto, ad esempio, che per un lavoratore adulto che perde il posto, riuscire a ricollocarsi diventa un’impresa pressoché impossibile. A fronte di questa situazione però i dati sulla disoccupazione giovanile e quelli sugli inattivi/scoraggiati (limitatamente a quelli rientranti nella fascia dei giovani), indicano che la percentuale degli appartenenti alle nuove generazioni che non lavorano è comunque veramente alta. Oltre il 30% se si prendono in considerazione “solo” i disoccupati. Il problema è quindi endemico e consiste sostanzialmente nella troppo scarsa domanda di lavoro (espressione da intendersi nel suo significato economico), a sua volta generata da una crisi globale, ma anche, in Italia, da un carico fiscale definito a più riprese “impressionante” dalle associazioni di settore.
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