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Lavoratori autonomi: i lombardi guadagnano di più, i calabresi di meno

Secondo la Cgia di Mestre, a dividere l’Italia in due sono anche i redditi dei liberi professionisti: ecco i dati dello studio.

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Partiamo da un quesito spinoso: è meglio essere un lavoratore autonomo o un dipendente? Difficile a dirsi. I lavoratori autonomi hanno, per definizione, più margini di azione e possono dare corpo a progetti ambiziosi. Ma le cose non vanno sempre così e non vanno dappertutto allo stesso modo. Lo sa bene l’ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha recentemente condotto uno studio sui liberi professionisti italiani, scoprendo che i più ricchi vivono in Lombardia, mentre i più poveri risiedono in Calabria. A esasperare il gap tra Nord e Sud del Paese interviene, insomma, anche il reddito delle cosiddette partite Iva.

Mettiamola così: le “quotazioni” dei lavoratori autonomi sono scese un po’ in tutta Europa. A testimoniarlo il “Piano d’azione imprenditorialità 2020”, redatto dalla Commissione europea, secondo cui, dal 2004 ad oggi, il numero di persone che preferiscono il lavoro autonomo a quello subordinato è sceso in 23 dei 27 Stati membri. A questo si aggiunga la flessione della quota di cittadini europei che indica il lavoro autonomo come scelta privilegiata (passata dal 45 al 37%, nell’arco di pochi anni). La crisi sembra aver ridato credito al lavoro dipendente che, con ogni probabilità, spaventa meno di quello autonomo perché associato al posto fisso. Ma quali sono i dati che riguardano l’Italia? Li ha raccolti ed elaborati l’ufficio studi della Cgia di Mestre secondo cui il reddito medio nazionale di un lavoratore autonomo italiano supera di poco i 26.240 euro annui. Il dato, relativo al 2015, ha fatto registrare un avanzamento di 2.600 euro rispetto al 2013.

Chi guadagna di più

Ma entriamo un po’ più nel dettaglio: secondo la rilevazione (che, lo ricordiamo, si riferisce a dati 2015), a vantare il reddito annuo più rotondo d’Italia sono i lavoratori autonomi di Milano (38.140 euro), seguiti da quelli di Bolzano (35.294 euro), da quelli di Lecco (33.897 euro) e da quelli di Bologna (33.584 euro). Non va male neanche agli autonomi della provincia di Como (32.298 euro) né a quelli di Monza (32.022 euro), mentre i liberi professionisti di Varese, Bergamo e Parma hanno un reddito medio che supera abbondantemente i 31 mila euro annui. A chiudere la top 10 ci sono poi i lavoratori autonomi di Trieste che, secondo lo studio della Cgia, hanno un reddito annuo di 30.788 euro. Con 6 province su 10, è dunque la Lombardia a vantare il primato regionale. Detta in altri termini: i lavoratori autonomi che operano in questa regione sono, a conti fatti, quelli che guadagnano di più.

Chi guadagna di meno

E quelli che guadagnano di meno? Come è facile intuire, risiedono al Sud. I redditi più bassi di tutti sono quelli delle partite Iva di Vibo Valentia (15.479 euro) superati, di poco, da quelli di Crotone (15.645 euro) e di Cosenza (16.318 euro). Le ultime tre posizioni della classifica nazionale sono tutte appannaggio della Calabria. Ma non guadagnano granché neanche i lavoratori autonomi di Enna (16.505 euro) né quelli dell’Ogliastra (16.813 euro), mentre i liberi professionisti di Reggio Calabria arrivano a totalizzare un reddito medio annuo che supera di poco i 16.900 euro.

“Sebbene i dati riferiti al reddito medio siano abbastanza positivi – è stato il commento del coordinatore dell’ufficio studi della Cgia di Mestre, Paolo Zabeonon dobbiamo dimenticare che la crisi ha fortemente polarizzato il mondo degli autonomi, condizionando questi risultati. Tra i redditi più elevati, ad esempio, troviamo la fascia di lavoratori tra i 50 e i 65 anni. Il che non deve stupire, se è vero che l’esperienza e la rete di relazioni aumentano con l’esercizio della professione. Viceversa, gli under 40 hanno subito un processo di proletarizzazione della professione che è stato spaventoso. Il crollo dei redditi, l’aumento della precarietà, l’elevata intermittenza lavorativa e lo scarso grado di autonomia hanno caratterizzato l’attività lavorativa di centinaia di migliaia di giovani professionisti. Questa situazione, inoltre, ha divaricato le disparità territoriali: in particolar modo tra il Nord e il Sud del Paese”. 

Ecco la classifica completa elaborata dalla Cgia di Mestre.

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