Essere licenziati, per crisi aziendale o per altri motivi poco importa. Alcune figure rischiano più delle altre. Da chi costa troppo a quello che non si trova mai niente da fare.
Per un’azienda può sempre sopraggiungere un momento di crisi. E spesso in questo caso vengono prospettati licenziamenti. Può altresì capitare di essere licenziati anche se il periodo economico non è dei peggiori e la realtà in cui si lavora gode di ottima salute. In questo senso, alcune figure, alcuni tipi di lavoratori, rischiano più di altri di rimanere senza posto di lavoro, per svariate ragioni che, a ben vedere riguardano, oltre che gli stessi lavoratori, anche i loro capi. Ma quali sono i cinque tipi di lavoratori che, per un motivo o per l’altro, rischiano maggiormente di venire lasciati a casa e quindi essere licenziati?
#1 Chi ricopre un ruolo facilmente esternalizzabile. Ovvero quel tipo di figura presente all’interno dell’azienda, ma per la quale esistono opzioni esterne, come ad esempio le aziende che offono lo stesso tipo di servizi (a costi quasi sempre minori di quelli di un dipendente interno), o altri tipi di aziende che gestiscono direttamente il personale, con specifiche competenze da inviare in azienda. E’ chiaro che per un datore di lavoro od un responsabile con “portafoglio”, il contenimento dei costi è una voce fondamentale. Se qualcosa può essere dato in gestione fuori senza che la qualità del lavoro ne risenta è, semplicemente, tanto di guadagnato, anche per il fatto che tutto ciò che riguarda la risorsa esterna è sotto responsabilità e gestione dell’azienda che ha inserito il lavoratore. Questo stratagemma è in grado di far risparmiare ad un titolare aziendale o a chi ne fa le veci una vera e propria miriade di potenziali “rogne”.
# 2) Chi si rifiuta di imparare cose nuove. Una risorsa che non si aggiorna, nel tempo, varrà sempre meno, per brava che possa essere a svolgere il suo mestiere. Quest’ultimo infatti, può cambiare nell’immediato, o variare significativamente in futuro. Il non essere pronti può causare all’azienda un danno che nella peggiore delle ipotesi può anche rivelarsi fatale. Non c’è quindi nessun motivo per mantenere chi non vuole aggiornarsi ed alla prima occasione è facile che la poca elasticità di un lavoratore di questo tipo possa essere causa diretta del suo licenziamento.
#3) Chi non si trova mai niente da fare. Se il carico di lavoro è basso e tutto quel che si è chiamati a fare lo si finisce prima del tempo, è il caso di cercarsi qualcosa d’altro da fare. E’ vero che si è svolto il proprio dovere, ma è anche vero che poca iniziativa equivale a poca produttività. Di conseguenza, in tempi di vacche magre, un datore di lavoro preferirà un lavoratore più propositivo rispetto ad uno che si limita a fare il minimo indispensabile. Insomma, dovendo scegliere tra i due…
#4) Chi fa fare brutta figura al capo. Può succedere, per i motivi più disparati, dalla frase sbagliata all’arrivismo puro, che un lavoratore metta in imbarazzo o peggio faccia fare brutta figura al proprio capo davanti ai colleghi, ai suoi pari o addirittura ai suoi superiori. Se nel primo caso, quello della frase sbagliata, si sta parlando, appunto, di un caso, ovvero di un evento involontario, difficilmente ripetibile e che quindi sempre o quasi nasce e muore lì, nel secondo, l’imbarazzare il proprio superiore per ottenere qualcosa in più può essere una mossa decisamente controproducente almeno per due ragioni: la prima, è ovvio, è che irritare volontariamente chi ha il potere di licenziare non è certo una strategia vincente, perché alla prima occasione disponibile potrebbe decidere di lasciar fuori il disturbatore, in quanto ritenuto dannoso per l’azienda. E la seconda è che è probabile che il comportamento in questione giunga all’orecchio di piani ancora più alti, generando talvolta le medesime conseguenze a prescindere dal fatto che l’occasione sussista o meno.
#5) Chi costa troppo. Può essere il miglior lavoratore del mondo, ma se quello che fa non è (o come avviene spesso, ad un dato momento, non è più) economicamente sostenibile, il rischio che tale lavoratore venga licenziato esiste realmente. La sua permanenza in azienda insomma non dipende più da come lavora, ma da quanto guadagna, o per meglio dire da quanto costa il suo lavoro rispetto a quello che quest’ultimo fa guadagnare all’azienda. Se il rapporto è in negativo, potrebbe trovarsi presto a doversi cercare un nuovo lavoro. In questo caso va però precisato che spesso, prima del licenziamento, viene messa in atto una revisione dei ruoli e/o dei tempi di lavoro che può aiutare a mitigare il problema, evitando così la soluzione più drastica.
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