Il social lending è un altro volto della sharing economy e consente lo scambio di prestiti online tra privati tramite piattaforme gestite da imprese, e quindi senza passare da un istituto di credito. È uno strumento in ascesa: a dircelo è una ricerca commissionata da Crif a SDA Bocconi, dal titolo “Peer-to-peer lending: mito o realtà” presentata a fine 2015. Dall’indagine è emerso che nel 2014, tramite social lending, sono stati scambiati 11 miliardi di dollari, più del 100% rispetto all’anno precedente. E le previsioni per il 2016 indicano un volume che ammonta a 34 miliardi di dollari.
Il social lending si è diffuso dapprima in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. In Italia si sta sviluppando e mostra segnali di crescita, anche se le cifre sul volume di denaro scambiato restano basse, ammontando a circa 23 milioni. Le ragioni di questo successo sono facilmente intuibili: ottenere un prestito dalle banche è sempre più difficile.
Vediamo come funziona questo sistema innovativo di prestiti online.
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La richiesta di prestiti online tramite social lending può avvenire attraverso delle piattaforme web gestite da società che fungono da intermediari tra i privati. I tassi di interessi generati dal social lending sono più favorevoli rispetto a quelli offerti dagli intermediari finanziari tradizionali. Infatti chi riceve denaro in prestito paga un tasso di interesse più basso rispetto ai tassi del normale credito al consumo. Questo perché ci sono pochi costi di intermediazione.
L’affidabilità (intesa come solvibilità) del richiedente viene preventivamente valutata attraverso un’indagine, non dissimile da quella svolta dalle banche; questa determina un rating al quale viene associato un tasso di interesse più o meno alto a seconda del livello di rischio di insolvenza. Oltre a questa valutazione, per minimizzare i rischi dei prestatori, il denaro prestato viene diviso tra tanti richiedenti. In alcuni casi le piattaforme web di social lending offrono la possibilità ai prestatori di cedere i propri crediti ad altri prestatori, nel caso sorga la necessità di rientrare velocemente dall’investimento.
E se un richiedente non restituisce il prestito? Purtroppo non ci sono garanzie, si potrà solo sperare in una fruttuosa procedura di recupero del credito.
Da un punto di vista prettamente legale, come evidenziato qui, sia il prestatore che il richiedente stipulano un contratto a distanza con la società che gestisce la piattaforma di social lending. Nel contratto il richiedente dichiara di essere debitore di un certo numero di prestatori, individuati tramite nickname. Solo la piattaforma è a conoscenza delle identità di prestatori e richiedenti. Inoltre, dal momento che chi ottiene il prestito è considerato un consumatore, in conformità al Codice del Consumo ha diritto a ricevere dettagliate informazioni precontrattuali e può recedere dal contratto stesso entro 14 giorni di calendario senza penalità e senza necessità di alcuna motivazione.
Gli operatori di social lending in Italia attualmente sono due: Prestiamoci e Smartika. Entrambi gestiscono delle piattaforme web che consentono ai privati di ottenere prestiti online. La loro attività si configura come quella di Istituti di Pagamento, definiti dalla normativa europea e precisamente dalla Direttiva CE “PSD –Payment Service Directive” (la n° 64 del 2007), applicata in Italia col Decreto Legislativo n° 11 del 2010. Entrambi sono perciò iscritti in un apposito albo della Banca d’Italia.
Ma queste imprese come guadagnano sui prestiti online tra privati?
Sul sito di Prestiamoci è spiegato che l’impresa “richiede una commissione d’iscrizione una tantum, diversa per Prestatore e per Richiedente. La commissione pagata dal Richiedente varia dall’1% al 4% dell’importo finanziato. Al Prestatore invece, viene applicata una commissione pari all’1% del capitale investito. Infine, Prestiamoci partecipa ai progetti con una quota percependone gli interessi”.
Smartika invece “guadagna dalle commissioni richieste ai Prestatori e ai Richiedenti. I Prestatori pagano una commissione annuale pari all’1% della somma data in prestito ai Richiedenti e non ancora ripagata; i Richiedenti una commissione, calcolata in percentuale sulla somma erogata, vedi foglio informativo, con un importo minimo pari a €40 a cui si aggiungono €2 al mese per le spese di incasso rata (tale addebito non ha luogo nel caso di prestiti a 12 mesi)” come si può leggere sul loro sito.