Il nostro sistema fiscale è complicato. La Cgia di Mestre, l’Associazione degli artigiani e delle piccole imprese venete che monitora periodicamente lo stato delle finanze pubbliche ha condotto, quasi un anno fa, un’indagine che ha certificato l’esistenza di ben 100 tasse in Italia. Roba da far venire l’emicrania a chiunque, soprattutto ai più piccoli. Eppure è possibile parlare di tasse ai bambini senza correre il rischio di sfiancarli o annoiarli. Come? Ricorrendo ad un lessico chiaro e diretto e supportando le parole con esempi concreti. Molti istituti scolastici si sono già attivati, sposando progetti (in collaborazione con esperti del settore) tesi a spiegare il funzionamento del sistema fiscale ai più piccoli. Ma ognuno di noi può fare la sua parte, introducendo quattro concetti base da cui – a nostro avviso – non si può prescindere, quando si parla di tasse.
#1. Cosa sono e a cosa servono. Se pensiamo che sia arrivato il momento di parlare di tasse ai nostri figli, dobbiamo partire dall’abc, spiegando loro che le tasse sono somme di denaro che ogni singolo cittadino paga allo Stato per aiutarlo a mantenere i servizi che servono a tutti. In pratica, si tratta di far comprendere loro che tutto quello che non appartiene al privato, ma all’intera collettività, ha un costo. E che a sostenerlo sono tutti i cittadini italiani che contribuiscono a far sì che, per esempio, gli autobus e le metropolitane possano circolare, le auto della polizia possano controllare le strade più pericolose, gli insegnanti possano fare il loro lavoro nelle scuole e i medici possano curare i malati negli ospedali. Fornire esempi concreti ai bambini li aiuterà a capire che parliamo di servizi importantissimi, di cui non si può proprio fare a meno.
#2. Come funzionano le tasse. Una volta spiegato cosa sono e a cosa servono le tasse, occorre far capire ai più piccoli qual è il funzionamento del sistema fiscale. Avventurarci in tecnicismi è inutile e controproducente: parlare ai bambini di aliquote, deduzioni et similia li farà scappare a gambe levate. Quello che dobbiamo limitarci a fare è applicare il concetto di tassa nelle loro vite. Come si fa? Semplice, se diamo una paghetta settimanale ai nostri figli, possiamo spiegare loro che dei 5 euro promessi, potranno metterne in tasca solo 4,50. E gli altri 50 centesimi? E’ la tassa che devono pagare per contribuire al buon funzionamento dei “servizi” presenti in casa. Soldi che, insieme a quelli “ceduti” dagli altri membri della famiglia, verranno impiegati per acquistare cose che servono a tutti: dai cereali per la colazione alle cartucce della stampante; dalla benzina della macchina al dentifricio.
#3. Si paga tutti. Una volta diradate le nebbie sui punti basilari, sarà opportuno accompagnare i bambini nella scoperta di concetti un po’ più complessi come quello di evasione fiscale. Come procedere? L’essenziale è che i bambini capiscono che il contributo di tutti è importante. E che se inizieranno a non “cedere” più parte della loro paghetta, i soldi a disposizione della famiglia diminuiranno, impedendo a mamma di comprare i cereali per la colazione e a papà di fare il pieno al distributore. Chi sceglie di non pagare le tasse e di non partecipare al mantenimento dei servizi collettivi deve essere segnalato e punito. Perché col suo comportamento scorretto renderà le “utilità” pubbliche sempre più scadenti e insufficienti.
#4. Si paga secondo la propria disponibilità. Una volta compresa l’importanza di non sottrarsi al sistema di tassazione, occorrerà spiegare ai bambini che le tasse non sono uguali per tutti. Ma vengono calcolate in base alla disponibilità economica di ciascuno. Il contributo di mamma e papà, che sono grandi e lavorano, sarà inevitabilmente maggiore rispetto a quello offerto dai figli che non percepiscono alcuno stipendio. Cosa vuol dire concretamente? Che se la tassa del più piccolo non andrà oltre i 50 centesimi a settimana e quella del fratello adolescente arriverà a toccare i 2 euro massimo, a fare gli sforzi maggiori dovranno essere mamma e papà, che potranno dover “cedere” dai 5 ai 10 euro settimanali. Il motivo? Mamma e papà hanno più soldi e devono impegnarsi, più degli altri, per far sì che tutto funzioni bene in casa. E’ una questione di pura possibilità che, nel sistema fiscale nazionale, si traduce nell’opportunità di far pagare tasse più alte ai ricchi e più basse ai poveri.