Gli italiani hanno poca fiducia nei centri per l’impiego e quando devono trovare lavoro si rivolgono a familiari e conoscenti. Questo raccontano le ultime statistiche elaborate da Eurostat. Il fenomeno è diffuso nel tessuto sociale e affonda le sue radici in una cultura che conta molto sull’istituzione familiare quale rete di protezione del soggetto. Si è però poi sconfinato nella pratica della “raccomandazione” e dei cosiddetti “raccomandati”.
Aziende, enti, concorsi ed esami: nessun settore e nessuna realtà è immune da questa logica. C’è una sorta di assuefazione rispetto alla pratica di assumere e preferire i raccomandati. A volte viene sollevato un polverone mediatico nei casi più eclatanti, ma nei fatti la prassi sopravvive indisturbata. Il problema legato ai “raccomandati” consiste in una svalutazione del merito come criterio principale nella scelta di collaboratori e dipendenti. Viene scelto e assunto colui che è raccomandato da chi ha un certo peso all’interno o anche all’esterno dell’organizzazione, nonostante, quasi sempre, il mercato offra candidati più capaci e competenti.
Ma cosa spinge le aziende e le associazioni ad assumere raccomandati?
Le aziende e i raccomandati: un rapporto complesso
I raccomandati si innestano in uno scambio tra l’azienda (o l’organizzazione) e il “raccomandante”. Si preferisce la persona sponsorizzata dal consulente esterno (come ad esempio l’avvocato o commercialista) o da un’altra azienda, in vista di un affare particolare da concludere, di uno sconto da ottenere, di una partnership da instaurare. Si tende spesso a preferire chi, in un modo o nell’altro, può tornare utile e costituire una fonte di allargamento del business.L’effetto più negativo di questa prassi è che non si favorisce la mobilità sociale. Non si assumono i candidati più bravi, più preparati dal punto di vista tecnico per la posizione vacante. Ciononostante i dati di Eurostat e la cronaca quasi giornaliera ci raccontano di un paese in cui la raccomandazione è una pratica florida e diffusa.
La segnalazione
Esiste però un’altra faccia della medaglia, che definiremo “segnalazione”. Questa si verifica quando qualcuno sponsorizza una persona adatta a ricoprire una posizione vacante poiché ritenuta qualificata e adatta al ruolo. Basti pensare alla classica “lettera di referenza” che un docente o un ex capo scrive in favore del suo studente o del suo ex dipendente. Le segnalazioni sono molto importanti. Un ottimo modo per ottenerle è sicuramente la creazione di una rete fatta di persone conosciute per motivi professioni. Il network è un valore aggiunto per il lavoratore e una rete attraverso cui accrescere le opportunità.
Perciò non bisogna mai confondere le due prassi: la “segnalazione” dalla “raccomandazione”, e i “segnalati” dai “raccomandati”. Da una segnalazione possono solo discendere vantaggi per chi è stato segnalato (la possibilità di entrare nella selezione), e per chi segnala (di far bella figura con la presentazione di una persona competente). Ben diversi sono gli effetti dell’imposizione di un candidato nell’ambito di un processo di selezione. Si alterano i meccanismi di scelta tra i concorrenti e si impedisce una selezione ad armi pari.
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