L’aveva promessa per l’estate, ed effettivamente il presidente dell’Inps Tito Boeri sta concretamente mettendo in piedi una proposta formale di riforma del sistema pensionistico italiano, al fine di renderlo maggiormente sostenibile. Ma cosa contiene il piano di riforma pensioni e assistenza che Boeri ha inviato al governo, e che lo stesso presidente dell’Istituto ha annunciato alla Camera in sede di presentazione del Rapporto 2015 dell’ente?
Come mediaticamente riassunto su più fronti, sono cinque i pilastri su cui si poggia la riforma pensioni. Vediamoli uno per uno.
Indice
Riforma pensioni e reddito minimo per gli over 55
Il primo pilastro è quello relativo alla possibilità di offrire una rete di protezione sociale a tutti i cittadini che hanno almeno 55 anni. Si tratta pertanto di una forma “anticipatoria” di quello che potrebbe essere, in futuro, un sistema di reddito minimo garantito, presente in altri Paesi europei e oggi mancante nella Penisola.
Chiaro l’obiettivo di Boeri: cercare di differenziare assistenza e previdenza non solo a livello concettuale, quanto anche (e forse soprattutto) a livello contabile, andando pertanto a superare l’ostacolo ben noto agli economisti Inps, cioè quello di non prevedere alcuna prestazione minima per chi non ha altri redditi ed ha accumulato un montante contributivo troppo basso per potersi garantire una pensione che sia almeno pari alla soglia di povertà.
Ricongiunzioni assicurative meno onerose
Il secondo pilastro tocca il rilevante tema delle ricongiunzioni onerose. A spiegare cosa potrebbe accadere è lo stesso Boeri, che ricorda come la modifica normativa proposta permetterà agli individui di poter unificare la pensione tra regimi diversi (compresa la gestione separata) senza alcun onero aggiuntivo. Un buon passo in avanti che condurrà a una significativa semplificazione amministrativa, e a un risparmio monetario, per tantissimi italiani.
Armonizzazione tassi di rendimento sui contributi
Terzo pilastro, di difficile (ma non impossibile) edificazione, è relativo alla possibilità di armonizzare i tassi di rendimento che vengono garantiti ai contributi. Attualmente esistono infatti significative asimmetrie nei trattamenti previdenziali, provocate principalmente dalla differente rivalutazione dei contributi che sono stati versati nel corso degli anni e dei decenni.
Flessibilità sostenibile
Quarto pilastro è relativo al concetto di flessibilità sostenibile, che può essere ottenuta spalmando il montante accumulato nel corso della vita lavorativa, in relazione all’età di uscita e della speranza di vita residua. Dunque, chi andrà in pensione “prima del tempo”, potrà spalmare questa cifra su molti più mesi di chi va in pensione più tardi, ed avrà diritto a un assegno previdenziale più basso.
Per quanto intuibile, Boeri ha comunque precisato che l’assegno previdenziale non sarà mai così basso da non poter garantire una vita almeno dignitosa, senza comportare l’intervento dell’assistenza sociale. I redditi pensionistici più elevati dovrebbero poi contribuire al finanziamento di uscite verso la pensione più flessibili, andando pertanto a ipotizzare una sorta di redistribuzione della ricchezza, almeno sotto il profilo previdenziale.
Nuove opportunità di versamento dei contributi
Infine, un ultimo pilastro legato alla possibilità di godere di nuove opportunità di versare contributi, che poi diventeranno un supplemento alla pensione, per chi sta già percependo un trattamento previdenziale. Dovrebbe quindi essere possibile il versamento di contributi aggiuntivi oltre a quelli obbligatori da parte dei datori di lavoro ai loro dipendenti.
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