Il nome non suona benissimo – anche perché rimanda ad un bizzarro personaggio interstellare proveniente da una galassia lontana – ma qualifica una categoria sempre più nutrita, che ingloba persone funambolicamente sospese tra ciò che devono e ciò che vogliono fare. Forse non lo sai, ma anche tu potresti essere uno slash worker ossia un individuo che, per scelta o per necessità, accumula lavori con la disinvoltura di un collezionista seriale. Chi sono e cosa fanno gli slash worker e perché, dal punto di vista strettamente lavorativo, non si fermano alla prima stazione? Proviamo a scoprirlo insieme.
Indice
Perchè la denominazione di Slash Worker
Partiamo dall’etichetta che chiama in ballo lo “slash” ovvero la barra con cui si è soliti indicare una sequela di nomi, titoli o qualifiche attribuibili ad una data persona. Dire cosa faccia esattamente uno slash worker è tecnicamente impossibile perché ad un architetto che sceglie di insegnare yoga potrebbe fare da contraltare un fotografo che commercializza borracce online o un PR che cura la contabilità di un’azienda di tendaggi. In pratica, chiunque svolga due o più professioni contemporaneamente può essere annoverato tra gli slash worker che tradiscono una versatilità, un eclettismo ed una flessibilità – mentale ed organizzativa – rimarchevoli.
Perché si diventa slash worker
Ma cosa spinge le persone ad accumulare lavori complicandosi apparentemente la vita? Si può essere slash worker per necessità, quando il lavoro che si ha non basta per pagare le bollette che si accumulano sulla scrivania ed andare alla ricerca di un altro impiego diventa irrimandabile. O lo si può essere per scelta, quando si vuole sfruttare appieno le competenze acquisite negli anni e si desidera stabilire connessioni con persone che si muovono in contesti diversi, affrontando sfide che galvanizzano e neutralizzano le piccole frustrazioni quotidiane. E non si pensi che la tribù degli slash worker sia costituita esclusivamente da giovani che, non avendo il mito del “posto fisso”, si muovono con scioltezza tra un’opportunità lavorativa e l’altra. A farne parte sono anche molte persone agée che sentono il bisogno di allentare la presa e provano ad affiancare una seconda (o terza) attività a quella che fanno con trasporto variabile.
Capita a fior fiori di professionisti che continuano a mettersi in gioco e scelgono di non accontentarsi o appiattirsi professionalmente. Assumendosi un rischio non indifferente perché se è vero che dare forma al proprio sogno può essere esaltante, vederlo morire per sempre può spianare la strada allo sconforto più profondo.
Lo slash worker non è un eroe
Accumulare lavori è, il più delle volte, una scelta di vita, assunta da chi è votato all’autonomia e alla gestione consapevole dei propri tempi. Ma non facciamo dello slash worker un eroe infallibile perché la sua attitudine a scegliere e la sua capacità organizzativa non lo mettono certo al riparo da possibili fallimenti o passi falsi.
Fare più cose contemporaneamente non è di per sé un valore aggiunto né tanto meno un disvalore. A chi sostiene che gli slash worker sono degli “improvvisatori”, con scarsi livelli di specializzazione, che provano ad arrabattarsi tra un impiego saltuario e l’altro, si può rispondere che molti di loro sono lavoratori altamente realizzati, che scelgono di concedersi più chance sublimando le loro competenze trasversali. E sperando, in ultima analisi, di “cavarsela” sempre perché se un’attività dovesse tardare a dare i suoi frutti, ci sarà sempre l’altra (o le altre) su cui poter fare affidamento.
No ai totem, sì agli stimoli
E chi lo ha detto che i veri professionisti sono quelli che dedicano la loro intera esistenza ad un solo lavoro? C’è una platea di persone che rifiuta l’idea della “monogamia” aziendale e che pensa (non sempre sbagliando) che formarsi o iper-specializzarsi in un unico settore sia incauto. Per chi si annoia più velocemente degli altri ed ha bisogno di continui stimoli, essere slash worker potrebbe essere un automatismo. Subordinato alla sua voglia di de-costruire ciò che ha appreso più o meno passivamente e di riformularlo in maniera personale. Perché il vero slash worker non ha bisogna di totem da seguire o da emulare, ma di input da processare e da adattare ai suoi umori ed alle sue inclinazioni.
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