Una verità che non ha bisogno di conferme o paura di smentite. E studi e testimonianze rivolte alle mamme che lavorano lo dimostrano: i loro sensi di colpa molto spesso sono infondati e i loro stessi figli le giudicano delle brave madri. Consigli per ottimizzare il work-life balance, associazioni che aiutano le mamme a raggiungere …
Una verità che non ha bisogno di conferme o paura di smentite. E studi e testimonianze rivolte alle mamme che lavorano lo dimostrano: i loro sensi di colpa molto spesso sono infondati e i loro stessi figli le giudicano delle brave madri. Consigli per ottimizzare il work-life balance, associazioni che aiutano le mamme a raggiungere questo delicato equilibrio, soluzioni lavorative (come il coworking) per facilitarne l’arduo compito. Tutte risorse nate da un’unica esigenza: permettere alle donne che vogliono lavorare (e in alcuni casi devono, perché senza alcuna fonte economica alternativa a cui attingere) di poterlo fare, nel migliore dei modi.
Certo tra il lavorare e il fare carriera il passo è lungo: lo scetticismo può insorgere se si guarda al modello del manager ai vertici che trascorre 12 ore al giorno fuori casa o si assenta una settimana per viaggi di lavoro. Ma con turni di lavoro regolari (magari part time) o soluzioni di smart e home working, si possono seguire i figli senza rinunciare a realizzazione personale e indipendenza economica e senza sensi di colpa.
Alcuni studi al riguardo parlano chiaro: i figli delle mamme che rientrano al lavoro già entro il terzo anno d’età del bambino non hanno né rendimenti peggiori a scuola né problemi comportamentali più accentuati rispetto a quelli che crescono con la mamma casalinga. Lo conferma una ricerca del Psychological Bulletin, che conduce studi nel settore da oltre 50 anni, prefiggendosi proprio di sfatare alcuni falsi miti e controversie che gravitano attorno al lavoro delle donne-madri.
Charlotte Alter, reporter del Time, riporta sulle pagine del giornale la propria testimonianza. La giornalista racconta come il lavoro della propria madre l’abbia resa una figlia e donna migliore, con uno sguardo di stima e rispetto nei suoi confronti, che ha fatto sì diventasse per lei il modello a cui ispirarsi. Nei suoi ricordi d’infanzia, assicura, c’è una mamma non che si è mai persa una recita di fine anno o non ha mai mancato di far trovare pronta la cena alla famiglia riunita intorno al tavolo; ricorda con piacere alcune serie discussioni su cosa avrebbe voluto fare da grande e come avrebbe dovuto comportarsi per ottenerlo, rassicurata sul fatto che avrebbe avuto una famiglia tutta sua senza rinunciare a se stessa e alla propria realizzazione. Lavorare spesso è molto più che una scelta meramente economica, è l’espressione di una crescita e di un’indipendenza personale, che porta anche ad un miglior rapporto di coppia, non condizionato ad esempio dalla dipendenza economica nei confronti del marito.
Anche una ricerca della Columbia University avvalla la tesi che una mamma gratificata non toglie nulla ai propri figli: come sostiene l’autrice Jane Waldfogel, aldilà del fatto che una mamma stia sempre a casa e un’altra passi delle ore fuori al lavoro, la vera differenza la fa l’attenzione che viene prestata alle esigenze dei figli. La qualità del tempo dedicato è fondamentale: meglio due ore senza distrazioni che una finta presenza da mattina a sera ma con i figli davanti alla tv, in un’atmosfera annoiata e snervante. Una piccola rivincita per chi, nonostante il lavoro a cui pensare, non ha mai perso le tappe importanti dell’infanzia dei propri figli, dall’inserimento all’asilo alle visite dal pediatra ai compiti a casa.
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