I documenti che pensavamo di archiviare in poche ore sono ancora sulla nostra scrivania? La lista delle cose da fare si allunga a vista d’occhio, sfuggendo al nostro controllo? Il capo continua a mandarci mail per sollecitare la consegna di un progetto che avremmo dovuto presentare da tempo? Il quadro è chiaro: siamo con l’acqua alla gola e non sappiamo come gestire il sovraccarico di lavoro che si è accumulato nell’arco delle settimane. La tentazione di darsela a gambe è forte (specie quando si realizza che la gestione del tempo è un problema tutto nostro, visto che gli altri colleghi sembrano cavarsela egregiamente con incarichi e scadenze), ma di certo non è un’opzione da poter prendere in considerazione. Meglio fermarsi un attimo a riflettere e capire cos’è che non va.
Indice
Da cosa dipende il sovraccarico di lavoro?
Proviamo ad analizzare la questione da ogni punto di vista. In certi contesti, il sovraccarico di lavoro rappresenta una forma punitiva, che il capo sceglie di adottare nei confronti di un dipendente per portarlo allo stremo delle forze. Si tratta di una vera e propria vessazione, perpetuata ai danni di un lavoratore che si vuole danneggiare o allontanare dall’azienda. In pratica funziona così: il capo che non vede di buon occhio il suo sottoposto, ma non può appellarsi a nulla per riprenderlo o licenziarlo, inizia ad assegnargli incarichi sempre più impegnativi, che non possono essere onorati nei tempi pattuiti. Lo espone, insomma, ad uno sfiancante sovraccarico di lavoro che – salvo casi di straordinaria resistenza (sovr)umana – costringe il malcapitato a gettare la spugna. Intendiamoci: non è un comportamento molto frequente, ma può capitare. In questo caso, è meglio chiedere conforto a qualcuno che può darci una mano (il responsabile delle Risorse umane, un avvocato) per capire se i nostri sospetti sono fondati o meno. E se il nostro capo sta effettivamente tentando di “farci fuori”, sottoponendoci a ritmi insostenibili.
E se il problema non dipende dal nostro superiore? Allora vuol dire che non sappiamo gestire bene i tempi e che dobbiamo imparare a essere più organizzati. Ma facciamo un piccolo passo indietro: se ci ritroviamo sommersi da progetti e documenti è perché abbiamo fatto male i nostri calcoli. Col tempo, innanzitutto, ma anche con le nostre capacità. Quando ci vengono assegnati degli incarichi, facciamo fatica a capire realmente quanto tempo ci porteranno via e tendiamo a pensare che ce la caveremo con poco. Si tratta di un errore di valutazione destinato a fare danni e a generare un caos difficile da governare. Dipende anche dal nostro grado di consapevolezza: chi si sopravvaluta o tende a prestare scarsa attenzione a quello che deve fare, non può non ritrovarsi schiacciato dal sovraccarico di lavoro. Che rischia di sfibrare anche chi non riesce a dire no a chi gli chiede una mano. E finisce per trascurare il proprio lavoro e per accumulare arretrati spaventosi.
3 consigli per smaltire il sovraccarico di lavoro
Supponiamo di trovarci in questa seconda situazione: che il sovraccarico di lavoro che ci assilla non sia da imputare al sadismo del nostro capo, ma alla nostra cronica disorganizzazione. Cosa possiamo fare? Come possiamo rimetterci in carreggiata e recuperare il terreno perso? Partiamo da queste 3 semplici valutazioni.
Diamo il giusto ordine alle cose da fare
Bisogna, innanzitutto, accettare che non siamo in grado di portare a termine tutto quello che ci eravamo prefissati di fare. E che finiremo per deludere le aspettative di qualcuno che aveva fatto affidamento su di noi. Inutile piangersi addosso: il danno è già stato fatto; cerchiamo piuttosto di rimboccarci le maniche e di individuare le priorità. Come le si distingue? Seguendo le indicazioni del capo e valutando quanto il nostro lavoro impatti su quello degli altri. Se dobbiamo curare una parte di un progetto collettivo, che rischia di bloccare l’intero team, diamo la precedenza a questo. Perché a pagare il dazio della nostra disorganizzazione non possono certo essere i nostri colleghi. Dare il giusto ordine alle cose che bisogna fare è il primo step da compiere. Soltanto chi procede con criterio può sperare di smaltire, pian piano, il sovraccarico di lavoro che ha accumulato nel tempo.
Chiediamo aiuto a chi può darcelo
Mettiamo da parte l’orgoglio e chiediamo aiuto a chi può darcelo. Consideriamo la possibilità di delegare a qualcuno parte delle incombenze che ci sono state assegnate o chiediamo ad un collega la cortesia di aiutarci nella messa a punto di un progetto che rischia di rubarci troppo tempo. Riconoscere i propri limiti è già un buon punto di partenza, ma non basta. Mostrarci umili non equivale a risolvere il problema. Valutiamo preventivamente cosa possiamo fare ed evitiamo di mettere gli altri in difficoltà: per dare una mano a noi, il collega dovrà trascurare il suo lavoro. Facciamo in modo che la cosa non si ripeta e impegniamoci, anzi, a contraccambiare la sua gentilezza e la sua disponibilità. Chiedere aiuto una volta va bene, ma se la cosa diventa un’abitudine, allora vuol dire che il problema è serio e che va affrontato nel giusto modo (magari consultando un esperto).
Confrontiamoci col capo
Il giorno della consegna si avvicina e noi siamo ancora in alto mare. Informiamo il capo con un congruo margine di anticipo e concordiamo con lui una soluzione. Cerchiamo di comprendere perché i tempi si sono dilatati (sono subentrati degli imprevisti che non avevamo messo in conto o ci siamo dilungati su passaggi che potevamo liquidare in maniera più sbrigativa?) e troviamo il modo migliore per negoziare un prolungamento. Meglio prenderci più tempo per curare tutto come si deve che rischiare di consegnare un lavoro mal fatto. Nel caso in cui il capo dovesse acconsentire a posticipare la scadenza, impegniamoci a non deludere più le sue aspettative. Diamogli una nuova data e imponiamoci di rispettarla. Se dovessimo fallire nuovamente, rischieremmo di perdere definitivamente la sua fiducia.
Se il sovraccarico di lavoro ci toglie il sonno, fermiamoci un attimo e analizziamo la situazione con lucidità. Dipende da una nostra disorganizzazione o da una sopravvalutazione delle nostre capacità? Il punto sta nel riconoscere quello che possiamo realisticamente fare e nell’impegnarci al massimo per portare a termine gli incarichi che ci vengono affidati entro i termini pattuiti. Senza pretendere troppo da noi stessi né cedere alla tentazione di perdere tempo. Chi impara a conoscersi a fondo inciampa meno frequentemente: facciamo tesoro degli errori e interveniamo sulle nostre debolezze. L’esperienza farà il resto.
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