Quella di domani, mercoledì 16 dicembre, è una giornata che gli italiani dalla salute malferma farebbero bene a segnare sul calendario. Salvo emergenze, infatti, sconsigliamo loro vivamente di uscire da casa per i controlli ambulatoriali o le visite specialistiche programmate perché il rischio di trovare tutto chiuso è molto alto. Lo sciopero della sanità – a cui aderiranno quasi tutte le sigle sindacali del comparto – farà incrociare le braccia a molti medici di famiglia, ospedalieri, specialisti e addetti degli ambulatori. Ma anche a dirigenti, tecnici e amministrativi. E il servizio andrà presumibilmente a rilento un po’ in tutti i reparti, fatta eccezione per quelli che devono garantire prestazioni costanti (pronto soccorso e rianimazione, per intenderci).
Il “mercoledì nero” della sanità pubblica italiana rischia di far saltare 40 mila interventi, 190 mila visite specialistiche e 80 mila esami radiologici. Ma non le emergenze che – come è ovvio che sia – verranno affrontate con il tempismo che richiedono. Anche se non è difficile immaginare che la mobilitazione di domani (a cui, come già detto, aderiranno molti sanitari) finirà per creare problemi anche a chi sceglierà di rimanere con il camice addosso. Ma quali sono le ragioni alla base della protesta? A elencarle sono stati gli stessi sindacati che hanno parlato, innanzitutto, della difesa del servizio sanitario pubblico e del diritto del paziente a essere curato, in modo adeguato, in ogni regione d’Italia.
Non solo: lo sciopero di domani intende rimarcare il no ai tagli alle prestazioni sanitarie annunciate dal Governo e denunciare la mancata assunzione di 6 mila operatori (tra medici e infermieri) che rischia di mandare ancora più in tilt il sistema, soprattutto dopo che l’Ue ha ristabilito gli orari di lavoro tesi a evitare insidiosi affaticamenti. Ma a fare arrabbiare sindacalisti e “addetti ai lavori” è soprattutto il sospetto che la sanità pubblica continui a essere considerata, dai vari governi che si succedono, una mera voce di bilancio. “Denunciamo il grave disagio causato ai cittadini – hanno spiegato i sindacati – da politiche orientate esclusivamente a una gestione contabile del servizio sanitario nazionale, con l’unico obiettivo del risparmio economico, sempre meno legate all’obbligo di rispondere ai loro bisogni assistenziali, secondo principi di equità e giustizia”.
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