C’è un settore nel nostro paese che fa ben sperare ed è quello dell’agricoltura. Sono infatti cresciuta del 40% le immatricolazioni nelle facoltà di Agraria, contro il calo del 12% delle iscrizioni universitarie in generale. Questo non vuol dire che buona parte degli italiani si sia armato di zappa e rastrello, dimostra però chiaramente che a fronte di un calo del 2,3% dell’occupazione giovanile rispetto all’anno scorso, quella in agricoltura rimane praticamente invariata: -0,1% a livello nazionale. E nel nord del Paese registra addirittura una crescita del +5,6%. Come dopo ogni grande crisi economica quello agricolo si rivela essere ancora una volta un settore capace di garantire un futuro.
Dai dati forniti da Almalaurea emerge infatti che un agronomo su due trova un lavoro entro un anno dal conseguimento del titolo, e quasi uno su tre con contratto stabile in azienda. Ma per lavorare nei campi “materialmente” ovviamente non è indispensabile una laurea, ma solo volontà, buone condizioni fisiche generali ed un briciolo di capacità nel gestire un campo e quello che ne concerne. Complessivamente, quindi, l’andamento dell’occupazione giovanile in agricoltura è legato ad attività come la vendemmia, la raccolta di frutta, o la produzione di olio extravergine d’oliva.
A questo proposito Mercoledì 11 dicembre in Campidoglio, a Roma, avrà luogo il seminario nazionale “Perché investire nell’agricoltura familiare di piccola scala“. Obiettivo dell’incontro è aprire una nuova fase, trasformando le crisi come opportunità di ripensamento per un modello insostenibile. L’Anno Internazionale dell’Agricoltura Familiare è stato lanciato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite lo scorso 22 novembre. Ha come scopo principale quello di spingere i governi e le istituzioni locali a sostenere nuovi modelli produttivi, e questo anche attraverso la lotta degli agricoltori familiari, per sostenere un sistema alimentare diverso. Secondo le ultime stime tale sistema è un potentissimo antidoto all’insicurezza alimentare e ai cambiamenti climatici, ed è in grado di nutrire l’80% della popolazione e di rispondere a improvvisi shock ambientali e sociali.
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