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Caporalato: i numeri dello sfruttamento nelle campagne

Dodici ore di lavoro per 25-30 euro al giorno: i lavoratori sfruttati dai “caporali” non conoscono tutele. E a volte si ammalano gravemente

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Lo scenario delineato dalla European House Ambrosetti durante il forum “Attiviamo Lavoro” organizzato ieri a Roma su proposta di Assosomm (Associazione italiana delle Agenzie per il Lavoro) non ha nulla a che vedere con la bellezza rasserenatrice di certe campagne italiane. Dove spesso si consumano episodi di sfruttamento ai limiti della sopportazione. Il fenomeno del caporalato prende sempre più piede, costringendo i lavoratori ingaggiati occasionalmente ad accettare paghe da fame, in condizioni che non tengono in minima considerazione le più elementari tutele.

caporalato
image by Yavuz Sariyildiz

La European House Ambrosetti ha preso in esame 400 mila lavoratori agricoli operanti in 80 diversi distretti italiani, 33 dei quali considerati “indecenti”. Quello che ha scoperto è che questi lavoratori percepiscono un salario pari alla metà di quello che dovrebbero intascare secondo il contratto nazionale e che, a conclusione di una lunga giornata di lavoro durata 12 ore, riescono a portare a casa 25-30 euro (meno di 3 euro all’ora). Non solo: l’indagine ha rilevato che l’80% dei lavoratori sfruttati nelle campagne è straniero e che il fenomeno del caporalato (che non conosce crisi) continua a mietere vittime. Nella sola estate 2015, sarebbero state almeno 10 quelle accertate mentre il 72% dei lavoratori avrebbe contratto una malattia a causa del sovraccarico di lavoro, dell’esposizione alle intemperie, ma anche delle scarse condizioni igieniche. Lo stesso studio ha infatti svelato che il 64% dei lavoratori agricoli sfruttati non ha accesso all’acqua corrente e che il 62% non dispone neanche dei servizi igienici.

Il quadro emerso ieri ha spinto il presidente di Assosomm, Rosario Rasizza, ad avanzare una proposta: “Bisogna far nascere un comitato, un tavolo tecnico che cerchi di trovare soluzioni per comprendere la fattibilità e la strutturalità di buone prassi – ha detto – E che sia in grado di interagire con la Rete di Qualità già operante dal primo settembre dello scorso anno”. Un tavolo tecnico al quale Rasizza vorrebbe far sedere tanto le associazioni datoriali quanto i sindacati, oltre alle associazioni del lavoro in somministrazione e alle istituzioni competenti come i ministeri delle Politiche Agricole e del Lavoro.

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