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Come sono cambiate le normative del lavoro: dalla Legge Biagi ad oggi

La Legge Biagi in Italia ha identificato alcune linee guida, nell’ambito della “Strategia europea per l’occupazione” definita a Lisbona, e in merito ad alcuni aspetti che è importante approfondire. In particolare si è voluto realizzare un mercato del lavoro in grado di incrementare le occasioni di lavoro e garantire a tutti un equo accesso a …

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La Legge Biagi in Italia ha identificato alcune linee guida, nell’ambito della “Strategia europea per l’occupazione” definita a Lisbona, e in merito ad alcuni aspetti che è importante approfondire. In particolare si è voluto realizzare un mercato del lavoro in grado di incrementare le occasioni di lavoro e garantire a tutti un equo accesso a un’occupazione regolare e di qualità.

Con l’attuazione di una strategia coordinata si è cercato di contrastare i fattori di debolezza strutturale della nostra economia come la disoccupazione giovanile, in particolare la disoccupazione di lunga durata, la concentrazione della disoccupazione nel Mezzogiorno, il modesto tasso di partecipazione delle donne e degli anziani al mercato del lavoro.

Attraverso le forme di flessibilità regolata, e contrattata con il sindacato, si è inteso bilanciare le esigenze delle imprese di poter competere sui mercati internazionali con le irrinunciabili istanze di tutela e valorizzazione del lavoro;con l’introduzione di nuove tipologie di contratto si è cercato di adattare l’organizzazione del lavoro ai mutamenti dell’economia e anche ad allargare la partecipazione al mercato del lavoro di soggetti a rischio di esclusione sociale.

Le principali azioni della normativa:

1. Liberalizzazione e potenziamento dei servizi e dell’attività d’intermediazione per quanti cercano un’occupazione. Il punto di partenza è la constatazione che il servizio pubblico, con il suo 4% d’intermediazioni all’anno, stenta a modernizzarsi e soprattutto è privo di efficienza. Resta così scoperta l’esigenza delle imprese presenti nelle aree produttive del Paese e al tempo stesso insoddisfatta la richiesta di lavoro nelle zone più fragili. Ecco che l’intervento dei privati in rapporto dell’esperienza positiva registrata dalle società di lavoro interinale è visto come la svolta per portare l’Italia in linea con gli standard europei. Si è trattato di una liberalizzazione regolamentata sotto l’occhio del Governo. Per tale ragione è stato istituito presso il ministero del Welfare un albo delle agenzie per il lavoro articolato in più sezioni: per le “agenzie di somministrazione di lavoro”, per le agenzie d’intermediazione, ma anche per l’agenzia di ricerca e selezione del personale e per quelle di supporto e ricollocazione professionale.

2. Flessibilità nei di contratti di lavoro per dare più possibilità alle imprese, e al tempo stesso per permettere ai giovani di individuare un canale di inserimento semplificato, o alle donne di conciliare i tempi di lavoro con quelli della famiglia. Va intesa in questo senso l’introduzione del lavoro ripartito o di quello a chiamata, ma anche la semplificazione e lo snellimento del part- time. È innovativa per l’Italia la scelta di autorizzare l’affitto di manodopera anche a tempo indeterminato. Certo potrà realizzarlo solo nel caso di specifiche esigenze “produttive e organizzative”, e solo entro certo limiti quantitativi fissati dai contratti.

IL PROTOCOLLO DEL WELFARE

Il Consiglio dei Ministri del 13 ottobre 2007 ha approvato il testo del disegno di legge che recepisce il protocollo sul welfare, firmato da Governo e Parti sociali il 23 luglio 2007. Cinque le linee d’intervento definite nel Protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l’equità e la crescita sostenibile: il completamento della riforma previdenziale, gli ammortizzatori sociali, misure per il mercato del lavoro, la competitività del sistema imprese, provvedimenti per i giovani e per le donne.

I principali interventi sono:

1. La riforma previdenziale. Dal 2008, i lavoratori dipendenti andranno in pensione a 58 anni di età e 35 di contributi e non ai 60 anni previsti dalla legge Maroni. Viene, inoltre, introdotto il sistema ‘quote’, in altre parole la somma integrata di contributi ed età. Dal 1° luglio 2009, infatti, si andrà in pensione a 59 anni e quota 95 e a 60 anni di età e quota 96 dal 1° gennaio 2011. Per arrivare, infine, al 2013, quando sarà necessario avere 61 anni e quota 97. Requisito minimo per l’accesso al pensionamento sono i 35 anni di contributi versati. Una misura per consentire ai lavoratori impegnati in attività ‘usuranti’ è quella della pensione anticipata rispetto ai requisiti che entreranno in vigore con il ‘pacchetto Damiano”. Il rafforzamento dell’impianto del sistema contributivo introdotto dalla riforma del 1995, applicando dal 2010, e poi ogni tre anni, i nuovi coefficienti di trasformazione . Si costituisce una commissione per verificare e proporre modifiche che tengano conto delle nuove condizioni economiche e del mercato del lavoro con il fine di tutelare le pensioni più basse e le carriere discontinue dei giovani. Attraverso una commissione si è realizzato un intervento sulle finestre di uscita per le pensioni di vecchiaia portandole a 4, per i lavoratori che hanno 40 anni di contributi.

2. Gli ammortizzatori sociali. La riforma ha avuto come obiettivo quello di sviluppare nel tempo l’unificazione dei trattamenti di disoccupazione e mobilità e l’universalizzazione degli strumenti per l’integrazione al reddito (con la progressiva estensione e unificazione della cassa integrazione ordinaria e straordinaria). E’ stato previsto il miglioramento dell’indennità di disoccupazione nella durata, da 6 a 8 mesi, mentre sarà di 12 mesi per gli ultracinquantenni, e in termini di importo 60% dell’ultima retribuzione per 6 mesi, 50% dal 7° all’8° mese, 40% nei mesi successivi. Inoltre, l’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti (in altre parole il sostegno al reddito per chi ha contratti di lavoro a termine di breve durata) passerà dal 30 al 35% peri primi 120 giorni e al 40% per i successivi, per una durata massima di 180 giorni. In ogni caso è garantita la copertura previdenziale figurativa per l’intero periodo di godimento delle indennità, con riferimento alla retribuzione percepita.

3. Il mercato del lavoro. Gli interventi più efficaci riguardano: la disciplina del contratto a termine, il contratto a tempo parziale, l’abolizione del lavoro intermittente previsto dal decreto legislativo n.276 del 2003 e il potenziamento dei servizi pubblici per l’impiego, che sono essenziali nel progetto di riforma degli ammortizzatori sociali. E’ stato previsto il miglioramento delle norme sui disabili, la conferma dell’agevolazione contributiva dell’11,5% per l’edilizia che sarà resa strutturale per favorire la diffusione del contratto a tempo indeterminato.

4. La competitività. Il trattamento a favore delle aziende e dei lavoratori, che contrattano il premio di risultato, è migliorato sia aumentando la percentuale di sgravio alle imprese al 25%, sia innalzando il tetto del premio ammesso allo sgravio. Nell’ambito di queste misure anche i lavoratori sono sgravati dai contributi previdenziali ed è stata garantita la pensionabilità piena del premio di risultato. Per favorire la partecipazione delle donne nel mondo del lavoro, il governo ha programmato interventi mirati a incentivare i regimi d’orario legati alla necessità di conciliare lavoro e vita familiare, potenziando quanto già previsto dall’articolo 9 della legge 53/2000 (la legge Turco che tutela la maternità e la paternità nei luoghi di lavoro). Inoltre ha previsto un rafforzeranno delle iniziative di sostegno ai servizi per l’infanzia .

Il 19 ottobre 2010 la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge delega in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile. Sono state approvate anche le misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.

Le principali novità introdotte dal provvedimento:

1.Il rafforzamento dell’istituto dell’apprendistato, con la previsione di poter assolvere all’ultimo anno di obbligo scolastico (cioè a partire dai 15 anni) imparando un mestiere in azienda;

2. L’introduzione della cosiddetta clausola compromissoria, cioè la possibilità ricorrere ad un arbitro in caso di controversie insorte in relazione al rapporto di lavoro;

3. L’obbligo, per le università pubbliche e private, di conferire alla Borsa continua nazionale del lavoro i curricula dei laureati.

4. Introduzione di misure di contrasto al lavoro nero e sommerso, relative ai lavori usuranti e ad alcuni aspetti del lavoro pubblico e le misure relative alla trasparenza nell’amministrazione dello Stato.

IL NUOVO PIANO TRIENNALE DEL LAVORO

Il Consiglio dei Ministri del 30 luglio 2010 ha approvato il “Piano triennale per il lavoro” elaborato dal Ministro Maurizio Sacconi. Il piano sarà ora inviato alle parti sociali con l’obiettivo di costituire la base per un confronto al fine di formulare ipotesi di riforma del mercato del lavoro condivise. Partendo da questo presupposto, obiettivo del Piano triennale per il lavoro in coerenza con i valori e la visione del Libro Bianco sul futuro del modello sociale sono quelli di concorrere a promuovere la crescita economica e un’occupazione maggiore e di qualità ponendo particolare attenzione a:

– produttività del lavoro, attraverso l’adattamento reciproco delle esigenze di lavoratori e imprese nella contrattazione di prossimità, le forme bilaterali d’indirizzo e gestione dei servizi al lavoro, l’incremento delle retribuzioni collegato a risultati e utili dell’impresa;

– occupabilità delle persone, attraverso lo sviluppo delle competenze richieste dal mercato del lavoro, con particolare riferimento ai giovani e alle donne;

– emersione dell’economia informale e un’efficace azione di contrasto del lavoro irregolare;

Le iniziative assunte sono in prevalenza riconducibili a tre principali linee di azione: liberare il lavoro dall’oppressione fiscale, burocratica e formalistica; liberare il lavoro dal conflitto collettivo e individuale; liberare il lavoro dall’insicurezza.

La seconda parte del “Piano” infine è finalizzata a definire le priorità da perseguire affinché la ripresa economica e del lavoro possa essere incisiva e, quindi, a tracciare il percorso da intraprendere nel prossimo triennio secondo prevede le tre seguenti linee di azione: liberare il lavoro dall’illegalità e dal pericolo; liberare il lavoro dal centralismo regolatorio e liberare il lavoro dall’incompetenza. Nonostante l’obiettivo di costituire un’economia più dinamica e competitiva nel Paese si ripropongono le antiche differenze: un Nord vivace e pronto al cambiamento e un Sud lento e lontano dai target stabiliti.Il tema del lavoro resta comunque un nodo da sciogliere per centrare gli obiettivi comunitari.

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