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Cresce il lavoro stabile, ma aumentano anche le cessazioni

Dall’Inps, una fotografia dettagliata sul mercato del lavoro interno che documenta una crescita delle assunzioni a tempo indeterminato. Ma non solo

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Le stime consegnate ieri dall’Osservatorio sul precariato dell’Inps sembrerebbero confermare gli orientamenti di chi pensa che qualcosa, nel mondo del lavoro, stia cambiando (in meglio). L’istantanea dell’istituto di previdenza ha, infatti, rilevato che, nei primi 7 mesi dell’anno, il numero delle assunzioni a tempo indeterminato è aumentato, in un anno, di 286.126 unità raggiungendo quota 1.093.584, il 35,4% in più.

lavoro stabile
image by Syda Productions

In pratica, il lavoro in Italia tenderebbe a farsi sempre più “stabile”, ma prima di cedere ai facili trionfalismi, occorre approfondire l’analisi della fotografia. Che rivela, per esempio, che nello stesso periodo preso in considerazione, anche i contratti a termine sono aumentati di 1.925 unità per un totale di 2.069.066 che ha fatto segnare un avanzamento minimo, pari allo 0,1%, rispetto all’anno precedente. A calare sono state, invece, le assunzioni in apprendistato (-11.521 unità), mentre le cessazioni sono aumentate di 41.006 unità.

Ed è proprio il capitolo inerente le cessazioni dei rapporti di lavoro che merita, a nostro avviso, una particolare attenzione. Perché il totale contato dall’Inps, nei primi 7 mesi del 2015, è risultato pari a 2.592.233 unità, di cui 1.554.356 riguardanti contratti a termine. Detta altrimenti, in un anno, la percentuale dei rapporti di lavoro finiti è aumentata dell’1,6%, per effetto dell’1,5% che ha riguardato i lavoratori a termine, ma anche dell’1,9% che ha interessato quelli assunti a tempo indeterminato.

Nel quadro generale, essendo state le assunzioni totali pari a 3.298.361, il bilancio finale risulta comunque positivo, con una variazione di 706.128 unità che non fa perdere tutte le speranze. Anche perché in aumento del 41,6% sono risultate le trasformazioni di rapporti di lavoro di altro tipo in contratti a tempo indeterminato che, sia detto per inciso, rappresentano ormai il 40,2% del totale (era il 32,8% l’anno scorso).

E veniamo all’analisi geografica: l’Osservatorio ha messo in evidenza come, a livello nazionale, la quota delle assunzioni a tempo indeterminato sia cresciuta, rispetto ai primi 7 mesi del 2014, del 35,4%. Con punte particolarmente alte in Friuli Venezia Giulia (+85,3%), in Umbria (+66,5%), nelle Marche (+55,4%) e nel Trentino Alto Adige (+53,3%). Percentuali ben più basse, invece, in Calabria (+18,6%), in Puglia (+17,3%) e soprattutto in Sicilia dove i contratti a tempo indeterminato sono aumentati, in un anno, solo dell’11,2%. E stime più contenute si scorgono anche nel capitolo del dossier che riguarda le assunzioni in generale: il risultato migliore è quello della Basilicata (+26,8%), seguita a distanza da Lombardia (+14,8%) e Veneto (+14,3%). Mentre in regioni come la Puglia non si è riusciti ad andare oltre uno striminzito +0,4% e il Molise ha addirittura fatto registrare una flessione dello 0,2%.

E le cessazioni? Sono aumentate praticamente in tutte le zone della Penisola, fatta eccezione per le Isole (-5,3%) e per il Sud (-3,4%). Più nel dettaglio, se in Basilicata, la percentuale dei rapporti di lavoro finiti è aumentata del 18,1%, in Sicilia è, invece, diminuita del 6,1% e in Calabria del 7,2%.

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