Sì, è vero: le ultime rilevazioni raccontano di un Paese che sta recuperando la fiducia. Ma è davvero così? Le cose, come spesso accade, sono più sfumate di come si tende a rappresentarle e andrebbero indagate con più attenzione. Come nel caso del lavoro: le persone possono avercelo (e in quel caso sono occupate) o non avercelo e cercarlo (e in tal caso sono inoccupate). Oppure possono averlo perso (i disoccupati) o non essere più disposte né a svolgerlo né a cercarlo (è il caso dei cosiddetti inattivi). E coloro che si dichiarano disponibili a lavorare, ma non sono alla ricerca? Sono gli scoraggiati che, secondo gli ultimi dati forniti dall’Eurostat, in Italia spopolano più che in qualsiasi altro Paese europeo.
La percentuale rilevata nel Bel Paese si attesta, infatti, al 13%, contro una media europea ferma al 3,7% e una media dell’Eurozona al 4,2%. Per non parlare del divario che intercorre con la Francia (2,4%) e con la Germania (1,2%). Gli italiani che hanno perso la speranza di trovare un impiego adatto a loro (o un impiego in generale) e per questo non si affannano più a cercalo sono aumentati dello 0,4% in un solo anno e dal 4% negli ultimi 10 anni. E se la percentuale degli uomini coinvolti non raggiunge il 9%, quella delle donne si attesta invece al 18,7%. Con le dovute distinzioni territoriali: la quota degli scoraggiati presenti al Nord è del 6,2%, quella degli scoraggiati residenti al Centro dell’8,7% e quella degli sfiduciati presenti al Sud del 27,7% (sintesi del 43,4% delle donne e del 18,2% degli uomini). Con il “picco” della Sicilia dove la percentuale di scoraggiati ha superato il 32% coinvolgendo più di una donna su due (il 51,3%).
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