Chi è soddisfatto di quello che fa e viene gratificato economicamente se la passa meglio di chi non viene valorizzato: ecco perché chi guida un’azienda torna solitamente più sereno a casa
Che un padre di famiglia, con il carico di responsabilità che ha, sia la persona che fatica più di tutti a prendere sonno alla sera, è credenza ampiamente diffusa. E suffragata dai fatti che testimoniano come i tanti pensieri che frullano nella mente di chi deve occuparsi dei propri cari portino solitamente ad accumulare tanto stress. E’ lo stesso in azienda? I dirigenti che stanno al vertice della scala gerarchica sono più stressati dei loro dipendenti? Assolutamente no. A certificarlo un recente studio condotto da tre università britanniche secondo cui i lavoratori più stressati sono gli impiegati e non i capi. Ma vediamo di scoprire di più.
Ad approfondire l’argomento sono state l’Università di Manchester, quella di Essex e il College London, che hanno pubblicato i risultati di quanto verificato su “The Journals of Gerontology”. Il monitoraggio ha preso il via dai dati raccolti nel Whitehall II (un progetto, di ampio respiro, che analizza gli effetti che il lavoro produce sulla salute di dipendenti e dirigenti). Lo studio, che ha coinvolto un campione di oltre mille impiegati pubblici britannici, ha dimostrato che il tasso di cortisolo (l’ormone dello stress) è più alto nel sangue dei lavoratori dei livelli più bassi. E che, anche dopo la pensione, la situazione non cambia. Detta altrimenti: secondo i ricercatori del Regno Unito, a dispetto di quanto si possa immaginare, sono i lavoratori che occupano i gradini finali della scala gerarchica a subire gli effetti più pesanti dello stress correlato al lavoro. E sono sempre loro che, anche dopo essersi ritirati, mantengono livelli di stress più alti rispetto a chi li ha diretti e amministrati, durante il loro percorso lavorativo.
“Le differenze socioeconomiche legate all’indicatore dello stress, durante il periodo del pensionamento, aumentano e non diminuiscono – si legge nello studio pubblicato su “The Journals of Gerontology” – Queste differenze riscontrate nei diversi gruppi di lavoratori (gli impiegati e i dirigenti, ndr) potrebbero parzialmente spiegare il motivo delle crescenti disuguaglianze nella salute delle persone di età avanzata”. A fornire una chiave di lettura ancora più chiara è stato uno degli estensori dello studio: “I lavoratori che si trovano ai bassi livelli della scala gerarchica – ha spiegato il docente dell’Università di Manchester, Tarani Chandola – sono soggetti a condizioni di lavoro più stressanti, hanno paghe più basse, accordi pensionistici peggiori, meno controllo sul proprio lavoro e riferiscono di avere a che fare con colleghi e manager meno supportivi”.
In pratica: pur avendo meno responsabilità, questi lavoratori vivono spesso, in maniera negativa, la loro permanenza in ufficio. A causa delle scarse gratificazioni, dei pochi attestati di stima, delle paghe non proprio esaltanti, della completa mancanza di autonomia e delle preoccupazioni che riguardano il futuro; sono loro a tornare a casa, la sera, con un livello di cortisolo più alto. Di contro, i loro capi – pur dovendosi fare carico di tutta una serie di incombenze – possono consolarsi con una certa facilità, visto che percepiscono retribuzioni ben più rotonde e raccolgono, di norma, i frutti di ciò che hanno seminato. Essendo (in linea di massima) soddisfatti di quello che hanno e che fanno, risultano meno stressati dei loro sottoposti. Almeno nel Regno Unito.
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