Dopo i tagli allo svago e ai divertimenti, all’abbigliamento e alle calzature, la crisi spinge a una spending review anche per quanto riguarda i settori dell’alimentazione e della salute.
Sono i dati che emergono dall’ultima indagine Istat riguardante i consumi delle famiglie italiane, in particolare a tavola. Quello che emerge è che 6 famiglie su 10 ( ben il 9% in più rispetto allo scorso anno) fanno abitualmente la spesa nei discount, dove i prezzi sono inferiori e dove, con lo stesso budget, si porta a casa una maggior quantità di alimenti rispetto ai supermercati tradizionali, seppur a discapito della qualità. Il rischio maggiore è che queste catene alimentari, pur di contenere i costi, ricorrano a prodotti cinesi (come le passate di pomodoro) o tunisini (come l’olio), spacciandoli per italiani o addirittura locali. Ma il dato più preoccupante riguarda la salute degli italiani. Tra le famiglie alle soglie della povertà, ben il 70% ha dovuto obbligatoriamente rinunciare a visite mediche specialistiche, accertamenti, radiografie e analisi cliniche, mantenendo solo le spese strettamente necessarie per i medicinali.
{jcomments on}Dati che fanno riflettere e lasciano spazio a non poche perplessità : le abitudini e i consumi degli italiani sono profondamente cambiati negli ultimi cinque anni. Lo sottolinea anche il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, riconoscendo il fatto che la crisi ha avuto effetti deleteri su ogni aspetto della vita di ogni individuo, intaccando perfino diritti fondamentali ed esigenze primarie come la salute e la corretta alimentazione.
Eppure le prospettive per il futuro sembrano migliorare. Gli ultimi dati evidenziano un aumento del clima di fiducia da parte degli italiani, come non si registrava da tempo. Certo, si tratta di una sensazione di positività e speranza di miglioramento rivolta alla situazione generale dell’Italia e non riferita alla propria situazione personale o del singolo nucleo familiare. Ma è un dato che fan ben sperare e che solo rispetto allo scorso mese, vede aumentare i consumatori fiduciosi dal 85,3% al 86,3%.