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Lavoratori assenteisti: da Roma a Bologna, si timbra e si esce dall’ufficio

Nove dipendenti museali sospesi a Roma e otto dipendenti ministeriali condannati a Bologna: il malcostume di “allontanarsi” dall’ufficio in orario di lavoro non conosce crisi

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La madre dei lavoratori assenteisti – quelli che si preoccupano di timbrare il cartellino per poi uscire speditamente dall’ufficio – continua a rimanere incinta. Gli ultimi casi accertati a Roma e a Bologna confermano, infatti, il perpetuarsi di un malcostume che non conosce differenze territoriali. E che spinge gli osservatori più sbrigativi nell’emettere sentenze a considerare i dipendenti pubblici un esercito di “fannulloni”. Ovviamente non è così, ma i casi che si succedono con periodica frequenza rendono sempre più difficile dare torto ai “Savonarola” di turno.

lavoratori assenteisti
image by pichetw

L’ultima storia che ha per protagonisti lavoratori assenteisti viene dalla Capitale. Più precisamente dal Museo di Arti e Tradizioni popolari dell’Eur. E lì, infatti, che i carabinieri del comando provinciale di Roma hanno “inchiodato” nove dipendenti riprendendoli mentre si allontanavano dall’ufficio in orario di lavoro. I casi più clamorosi riguardano una lavoratrice che, dopo aver timbrato, avrebbe raggiunto la frutteria gestita dal marito (sotto casa) per dare una mano o quella di un dipendente “beccato” a fare scommesse in un vicino punto Snai. Gli altri si sarebbero “limitati” a timbrare il loro o l’altrui cartellino e a guadagnare velocemente la porta di uscita dello stabile.

Ma come già detto, non si tratta di un caso isolato. Molte delle accuse mosse ai lavoratori del museo di Roma (tra tutte, quella di truffa ai danni dello Stato) sono, infatti, state mosse anche ad alcuni dipendenti di una sede bolognese del ministero dello Sviluppo Economico. I fatti, risalenti al lontano 2009, hanno portato alla condanna, in primo grado, a un anno e due mesi  e ad un risarcimento non ancora quantificato di 8 dipendenti su nove. Le indagini – condotte dalla Guardia di Finanza – hanno preso le mosse dalla segnalazione di un lavoratore che si era stancato di assistere inerme alla cattiva condotta dei colleghi. Alcuni dei quali, dopo aver timbrato il cartellino, si allontanavano per fare la spesa, andare al bar o in palestra. La Procura aveva inizialmente chiesto il rinvio a giudizio di 30 dei 42 dipendenti della sede ministeriale di Bologna, ma 21 erano stati prosciolti perché il danno procurato con la loro condotta sarebbe stato inferiore agli 80 euro considerati penalmente rilevanti. Ma le cose non sono andate troppo male neanche per i condannati in primo grado: dal 2009 ad oggi, non sono soltanto rimasti al loro posto, ma alcuni hanno addirittura fatto carriera diventando capo settori.

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