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L’Italia a confronto con il resto d’Europa: fanalino di coda per occupazione qualificata e semplificazioni fiscali.

Istruzione e competenza: questi erano una volta gli elementi cardine cui ancorarsi per costruirsi un futuro e una brillante carriera lavorativa. Attualmente tale regola che sembra essere ancora valida per il resto del mondo, in Italia invece registra un’inversione di tendenza. L’istruzione e la competenza della nostra forza lavoro non riceve i giusti riconoscimenti; è …

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Istruzione e competenza: questi erano una volta gli elementi cardine cui ancorarsi per costruirsi un futuro e una brillante carriera lavorativa. Attualmente tale regola che sembra essere ancora valida per il resto del mondo, in Italia invece registra un’inversione di tendenza.

L’istruzione e la competenza della nostra forza lavoro non riceve i giusti riconoscimenti; è declassata, snobbata e il tasso di occupazione italiano, riferito a giovani laureati o diplomati di età compresa tra 25 e 29 anni pari a 55,6%. Decisamente più basso rispetto alla media dell’80% registrato dagli altri paesi europei in cui spiccano Francia, Gran Bretagna, Germania e Belgio con una media che supera l’85% e l’Olanda che troneggia con il suo 90%.

 

L’inquietante percentuale ci viene fornita dal rapporto “cattiva economia” della cui redazione si è occupato l’istituto di ricerca delle Acli: l’Iref ed è stato reso noto al Congresso Nazionale delle Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani che si è svolto a Roma in questi giorni.

Durante il congresso, si è cercato di trovare una logica spiegazione a tale fenomeno, analizzando sia le ripercussioni imputabili alla crisi economica, come la progressiva chiusura di molte imprese (che dal 2009 al 2011 è cresciuta in modo esponenziale interessando tutti i settori) sia gli scarsi investimenti che le imprese italiane dedicano alle fonti innovative di ricerca e sviluppo.

Di seguito indichiamo alcuni dati emersi che devono sicuramente fungere da monito e devono costituire un importante spunto di riflessione.

Dalla ricerca condotta e riferita all’arco temporale che va dal 2009 al 2011 i settori economici che hanno subito una contrazione maggiore, registrando il più alto numero di chiusure di imprese private sono:

-settore commercio: -88.269

-settore manifatturiero: -51.806

-settore edile:-37.467

-settore agricolo:-72.136

Per quanto riguarda gli investimenti nell’innovazione, invece, l’Italia è avanti soltanto alla Turchia. In questo caso una bella fetta di responsabilità si imputa anche allo Stato Italiano che, non solo contribuisce a sostenere direttamente l’innovazione aziendale con un misero 0,04% del Pil ma nel supporto indiretto attuato mediante il riconoscimento di agevolazioni e sgravi fiscali il suo contributo è praticamente nullo.

Anche per quanto riguarda le facilitazioni concesse per fare impresa e pagare le tasse l’Italia è fanalino di coda occupando:

-la 30ma posizione su una classifica di 34 posti per il primo punto

-la 133ma posizione riguardo alle semplicità del pagamento delle tasse.

Definirei illuminante il dato che riporta il numero annuo di ore impiegate dai contribuenti per pagare le tasse: ben 285 ore l’anno!

Vi state domandando se c’è un argomento in cui l’Italia primeggia?

Si, certo che c’è!

L’Italia si assesta tra le prime posizioni per:

-il lavoro sommerso in cui registra cifre che oscillano tra i 255 e 275 miliardi di euro( dati del 2008);

-evasione DELL’IVA con una percentuale intorno al 22% in cui siamo secondi soltanto alla Grecia;

-dulcis in fundo, il grado di corruzione in cui primeggiamo dopo Romania, Bulgaria e Grecia.

La relazione conclude con un parere espresso dalle Acli in cui si sostiene che le problematiche tipiche italiane sono state amplificate dalla crisi che in questi anni si è scagliata violentemente su quello che una volta era chiamato “Il Bel Paese”. Sarebbe la crisi stessa a tarpare le ali dello Stivale, ostacolandone il salto di qualità.

Sempre secondo le Acli L’unico sistema per eliminare questa grande piaga sociale che si ripercuote impietosamente sull’intero sistema economico è l’investimento.

Da un lato si deve contrastare l’evasione, le problematiche che rallentano le dinamicità produttive e al contempo si deve investire sulla forza lavoro, sulla sua formazione, sulle soluzioni eco-compatibili, sulle innovazioni.

Già…investire…ma con quali mezzi ? con quali risorse finanziarie?

Trovata la chiave di svolta, arriva il punto più tragico: trovare gli strumenti finanziari adeguati a rendere fattibili e perseguibili gli obiettivi prefissati.

Non resta che attendere qualche illuminante considerazione in merito….

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