Immaginate di avere uno zio facoltoso che, nei momenti di difficoltà economica, vi ha sempre aiutato a risalire la china. Se anche allo zio capita di fare un cattivo affare e di non disporre più della sua fortuna, allora aspettatevi che qualcosa cambi e che la sua smodata generosità ceda il passo a una nuova oculatezza finanziaria. E’ quello che è successo, fuori dalla banale metafora familiare, al nostro sistema creditizio nazionale che, se un tempo dimostrava una certa disponibilità a concedere soldi alle imprese, adesso si è fatto più parsimonioso. Il risultato? Le banche – che non stanno certo bene – concedono sempre meno prestiti alle aziende, come ha messo in evidenza la Cgia di Mestre.
L’ufficio studi dell’associazione ha, infatti, certificato che all’aumentare delle sofferenze delle imprese italiane ha fatto da contraltare, negli ultimi due anni, la flessione dei prestiti a loro concessi. Nel dettaglio: se nel 2014, le banche avevano “sborsato” 900,8 miliardi di euro a favore degli imprenditori che ne avevano fatto esplicita richiesta; nel 2015, hanno invece ridimensionato l’importo a 885,7 miliardi di euro. Con un calo dell’1,7% pari a più di 15 miliardi di euro di prestiti concessi in meno. Il tutto a fronte di un incremento delle sofferenze delle nostre aziende passate dai 145,7 miliardi di euro del 2014 ai 159,2 miliardi di euro del 2015 (+9,2% pari a più di 13,4 miliardi di euro).
“Sebbene le banche italiane abbiano potuto beneficiare di importanti misure messe in campo dalla Bce, come il Quantitative Easing e il TLTRO – ha osservato il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia di Mestre, Paolo Zabeo – questi soldi non stanno arrivando alle aziende. E’ vero che nel frattempo l’incidenza delle sofferenze sugli impieghi in capo alle imprese è aumentata, ma è altrettanto vero che gli istituti di credito sono ancora poco inclini ad impegnare nell’economia reale i soldi ricevuti da Francoforte. Purtroppo la stretta creditizia non si è ancora esaurita – ha continuato Zabeo – e rispetto a quando è iniziata, c’è una grossa novità. Se all’inizio della crisi, molte piccole aziende rifiutate dai grandi istituti di credito cercavano aiuto presso le Banche di credito cooperativo o i Confidi, adesso anche queste realtà faticano a fungere da sportello-rifugio, perché anch’esse in difficoltà“.
“Senza banche – ha aggiunto il segretario della Cgia, Renato Mason – non si può fare economia. In un Paese che è retto quasi esclusivamente da piccole e medie imprese tradizionalmente sottocapitalizzate e a corto di liquidità, il ruolo degli istituti di credito rimane centrale sia per dare ossigeno all’intero sistema sia per creare le condizioni per riagganciare la ripresa economica. Per questo, auspichiamo che ritornino a fare il loro mestiere, sostenendo e rischiando assieme al mondo delle aziende”.
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