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Perché dovremmo assumerla? Detti e non detti del colloquio di lavoro

La classica domanda da un milione di dollari. Come si risponde a “Perché dovremmo assumerla?” al colloquio? Ecco qualche consiglio utile

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Il colloquio di lavoro suscita sempre un po’ di agitazione. Ma se si potesse stilare una classifica attendibile riguardante le domande più difficili a cui rispondere, con ogni probabilità il “Perché dovremmo assumerla” si posizionerebbe in cima alla lista. Trovare la risposta ai propri dubbi può aiutare però a sviluppare fiducia e sicurezza e ad affrontare al meglio questo momento così importante del colloquio di selezione. Ecco allora alcuni consigli utili per rispondere in modo efficace.

Domanda da un milione di dollari: perché dovremmo assumerla?

Il lavoro dell’intervistatore è assumere la persona migliore per la posizione. La maggior parte dei candidati che arrivano alla fase del colloquio sono qualificati per il lavoro. Il candidato vincitore deve essere più che qualificato, soprattutto in un mercato del lavoro molto competitivo. Il mondo del lavoro segue dinamiche e leggi ben precise. Il momento del colloquio rappresenta un’occasione per il candidato e per l’azienda di valutarsi a vicenda e “scegliersi” seguendo vere e proprie logiche di marketing. Rispondere ad una domanda di questo genere significa mettere in luce tutti gli aspetti della propria  esperienza lavorativa e competenza professionale in grado di risultare funzionali e utili all’azienda. La maggior parte delle persone in cerca di lavoro dovrebbe essere in grado di sviluppare una risposta standard a questa domanda che può essere personalizzata in riferimento ad ogni opportunità. Ecco alcuni consigli.

Come fare la differenza

Il primo consiglio dunque è quello di pensare nello specifico a come si potrebbe realmente fare la differenza nel raggiungimento degli obiettivi aziendali. Il datore di lavoro cerca di individuare e apprezzare le qualità dell’aspirante dipendente, qualità che quest’ultimo dovrebbe essere in grado di mettere in luce vendendo la sua USP (unique selling proposition), una definizione conosciuta nel marketing, nelle vendite e nel settore pubblicitario. Qual è la tua “promessa” all’azienda? Cosa puoi portare all’interno dell’organizzazione d’impresa che nessun altro potrebbe fare?

Circoscrivi l’ambito di azione

Il secondo consiglio infatti riguarda proprio l’individuazione e la circoscrizione dell’ambito d’azione nel quale muoversi. A volte la propria presenza all’interno dell’azienda può risolvere un problema oppure mirare ad aumentare il fatturato o ancora a far diminuire i costi. In altri casi invece può colmare una lacuna che nessun altro era riuscito ad individuare e attraverso la quale invece, proponendosi con una efficace soluzione, si può davvero ottenere una reale chance di avere il posto.

Non parole ma fatti

Il terzo consiglio infine è quello di “mostrare e non parlare”: il noto show don’t tell, per riprendere un altro concetto caro al marketing. Parlare delle proprie abilità, fare l’elenco di tutto ciò che si potrebbe fare, discutere delle proprie aspirazioni personali non rappresentano mosse ad alto impatto. Dire che si è in grado di organizzare alla perfezione una strategia di pianificazione del blog aziendale, con tanto di programmazione e calendario editoriale  è diverso dal presentare una concreta proposta di collaborazione scritta nero su bianco, mostrare i propri lavori precedenti e magari le referenze degli altri datori di lavoro.

Perché dovremmo assumerla? Ecco il modo sbagliato di rispondere alla domanda

Alla luce di quanto visto, il modo assolutamente sbagliato per poter rispondere a questa domanda in fase di colloquio è quello di fornire una risposta generica e comune a tutti, quale ad esempio: “Mah, perché lavoro sodo e faccio bene il mio mestiere” oppure “perché sono il miglior candidato per questa posizione”. Ma soprattutto ricordandosi che la risposta più sbagliata in assoluto è quella centrata su se stessi, sulla propria vita e aspirazioni o peggio sulle proprie necessità: “Ho davvero bisogno di questo lavoro” oppure “Sono disoccupato ormai da mesi”. L’unica risposta interessante per chi si occupa del processo di selezione è quella centrata sull’azienda, la sua mission e i suoi obiettivi da raggiungere.

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