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Personal branding: impariamo dal curriculum di Leonardo da Vinci

E se per capire esattamente cos’è il personal branding dovessimo tornare indietro di 500 anni? Quando c’è di mezzo l’autore de La Gioconda, può succedere anche questo

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Che Leonardo da Vinci sia stato un artista geniale è cosa risaputa, ma che potesse ispirare ancora oggi (a distanza di oltre 500 anni) stuoli di giovani candidati, che sperano di trovare lavoro, è faccenda che suscita un certo stupore. Eppure è vero: il grande inventore del Rinascimento ha lasciato in eredità un patrimonio di inestimabile valore (si pensi ai dipinti, alle sculture, alle architetture, ma anche ai trattati medico-scientifici, alle opere ingegneristiche ecc…) e una serie di insegnamenti che hanno attraversato i secoli. Compreso quello relativo alla capacità di proporsi, in maniera vincente, ad un potenziale datore di lavoro, “seducendolo” con formule ed espressioni accuratamente studiate. Se fai fatica a credere che l’autore de La Gioconda possa essere considerato un efficace maestro di personal branding, scorri insieme a noi il suo “curriculum” e ti ricrederai.

Un po’ di storia

Quando nel 1482, Leonardo da Vinci decide di inviare la sua “lettera di impiego” al duca di Milano, Ludovico Maria Sforza (detto “il Moro”), ha da poco compiuto 30 anni ed è alla ricerca di nuovi stimoli professionali. La formazione presso la bottega del Verrocchio gli ha dato tanto, ma adesso che ha superato il suo maestro – dando prova di un’abilità, di una tecnica e di un’inventiva fuori dal comune – Leonardo vuole spingersi oltre e approdare a quella corte che pullula di artisti e intellettuali avidi di riconoscimenti come lui. Per riuscirci, decide di prendere carta, penna e calamaio e di vergare una lettera che può essere considerata un valido esempio di auto-candidatura e un efficace modello di personal branding. Distinta in 12 punti, in essa, il pittore cinquecentesco sceglie di mettere in fila le tante invenzioni belliche che vorrebbe mettere a disposizione del duca. E lo fa, utilizzando parole e frasi efficaci, capaci di attirare l’attenzione del suo illustre destinatario.

Ma non solo: sin dall’incipit, Leonardo marca la differenza tra sé e gli altri artisti, definendo il suo profilo professionale il migliore sulla piazza. “Avendo, Signor mio Illustrissimo – scrive da Vinci a il Moro – visto et considerato oramai ad sufficienzia le prove di tutti quelli che si reputono maestri et compositori de instrumenti bellici, et che le invenzione e operazione di dicti instrumenti non sono niente alieni dal comune uso, mi exforzerò, non derogando a nessuno altro, farmi intender da V. Excellentia, aprendo a quella li secreti mei, et appresso offerendoli ad omni suo piacimento in tempi opportuni”. Un attacco efficace (e vagamente borioso), col quale il geniale inventore suscitò senz’altro l’intesse del Moro. Il quale – immaginiamo – abbia letto tutto d’un fiato il seguito della lettera strutturata in 12 diversi punti. Scorriamoli insieme.

Ecco come Leonardo ha convinto il Moro

  • Nel 1° punto della missiva, Leonardo parla della possibilità di costruire “ponti legerissimi et forti”, resistenti al fuoco e altamente maneggevoli, utili sia ad attaccare che a difendere.
  • Nel 2°, fa riferimento alla sua capacità di togliere l’acqua dai fossati, in caso di assedio, e di creare, a sua volta, macchine d’assedio potentissime.
  • Nel 3°, l’artista afferma di essere in grado di realizzare strumenti alternativi alle bombarde, capaci di abbattere ogni tipo di fortezza.
  • Nel 4°, prospetta la realizzazione di “bombarde comodissime et facile ad portare”, capaci di lanciare un numero impressionante di sassi e di emettere colonne di fumo destinati a terrorizzare i nemici.
  • Nel 5°, l’inventore fa invece esplicito riferimento alla possibilità di progettare e realizzare strumenti di attacco e di difesa da utilizzare nelle battaglie navali.
  • Nel 6°, Leonardo annuncia al duca di Milano l’intenzione di mettere a sua disposizione la progettazione di percorsi segreti (sotto fossi e fiumi), senza produrre il minimo rumore.
  • Nel 7°, parla di carri armati coperti, sicuri ed inattaccabili, dotati di potenti artiglierie.
  • Nel 8°, puntualizza di essere in grado di realizzare bombarde, mortai e passavolanti di varie forme e fuori dal comune.
  • Nel 9°, fa riferimento a strumenti innovativi (“briccole, mangani, trabucchi”), atti sia ad offendere i nemici che a difendersi da essi.
  • Nel 10°, l’artista che ha fin qui sciorinato le sue competenze tecniche in ambito bellico, cambia registro, promozionando le sue doti di architetto “in tempo di pace”, che può realizzare edifici pubblici e privati e opere di canalizzazione dell’acqua particolarmente sofisticate.
  • Nel 11°, parla della possibilità di realizzare opere scultoree (in marmo, bronzo e terracotta) e dipinti di ogni genere.
  • Nel 12° e ultimo punto, Leonardo parla infine dell’intenzione di realizzare un monumento equestre in bronzo, in onore del padre del Moro, per eternarne la memoria e la gloria nei secoli.

Leonardo e il personal branding ante litteram

Ma perché questa “lettera di impiego” così lontana nel tempo può essere considerata un valido modello di personal branding ancora oggi? Perché, con essa, Leonardo ha saputo proporsi e vendersi, in maniera efficace, al suo potenziale datore di lavoro, puntando su una serie di descrizioni (minuziose e puntuali) con le quali è riuscito a fare breccia nel suo cuore. Il maestro rinascimentale è, infatti, partito dall’analisi delle esigenze del suo illustre destinatario per compilare un’auto-candidatura capace non solo di suscitare il suo interesse, ma anche di incentivarne la voglia di conquista. Una mossa geniale, con la quale non poteva non sbaragliare la concorrenza. Col suo curriculum ante litteram, Leonardo è riuscito infatti in un solo colpo a:

  • distinguersi dagli altri;
  • mettere in risalto i suoi punti di forza (la capacità di inventare e realizzare strumenti ed opere innovativi, da impiegare in situazioni diverse);
  • mostrarsi motivato, volitivo e sicuro di sé;
  • suscitare emozioni forti nel suo destinatario (l’idea di concludere la lettera con il proponimento di dedicare un monumento alla memoria del padre può essere considerato un vero e proprio tocco da maestro).

Se non è personal branding questo.

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