Offrire posti di lavoro (falsi) in cambio di voti (veri). È successo anche questo, purtroppo, all'interno dell'intricato rapporto tra lavoro e politica italiana. Ne è conseguito l'arresto del consigliere regionale calabrese Antonio Rappoccio, eletto nella lista del presidente della regione Scopelliti con l'accusa di associazione a delinquere, corruzione elettorale aggravata, truffa e peculato. Per attirare gli elettori, il consigliere aveva costituito una società e una cooperativa fittizie.
I fatti
I fatti, sopra sintetizzati, in maggior dettaglio sono i seguenti. Rappoccio prometteva dei posti di lavoro inesistenti in cambio di voti che agli avrebbero permesso di ottenere gli scranni desiderati al Consiglio regionale. Per convincere i suoi elettori che l'occasione di poter lavorare era più che concreta, Rappoccio aveva perfino fatto svolgere delle false prove scritte per selezionare il personale da assumere, avendo l'accortezza di rinviare la sessione orale (conclusiva) al dopo elezioni.
Una volta acquisiti e verificati i voti, però, di colloquio e di posto di lavoro non si è vista traccia. Quanto basta per aver fatto accendere ben più di qualche scintilla interrogativa sull'operato del neo consigliere regionale.
In sostanzia, Rappoccio, un anno prima delle elezioni regionali del 2010, quando ancora era un consigliere comunale, avrebbe costiuito alcune cooperative, scatole vuote che erano state finalizzate ad attirare giovani disoccupati cui veniva fondamentalmente detto che avrebbero potuto avere un posto di lavoro all'interno delle attività imprenditoriali delle cooperative. In alcuni casi, oltre alle finte selezioni di cui sopra, le cooperative erano arrivate a inviare delle lettere di assunzione a tempo indeterminato che – come ricostruito dall'accusa – avrebbero inditto all'errore “un gran numero di elettori”. Il gran numero è tradotto dalla procura generale in 850 persone, ciascuna delle quali – oltre alla beffa di aver riposto le proprie speranze occupazionali nel consigliere – ha dovuto versare 15 euro per l'iscrizione associativa alle cooperative, e 20 euro per partecipare a un fantomatico concorso che avrebbe dato loro “concrete possibilità di lavoro”.
Le accuse
Se i fatti sono quelli sopra esposti, rimane ora da comprendere quali siano le accuse mosse a Rappoccio (indagate con lui altre 17 persone). Contro di lui i magistrati stanno muovendo l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale aggravata, truffa e peculato. Tre fattispecie che celano un imbroglio finalizzato allo scopo – conseguito – di essere eletto in Consiglio regionale.
Stando a quanto scrivono i magistrati, Rappoccio avrebbe prospettato "concrete possibilità di lavoro presso cooperative strumentalmente costituite che avrebbero dovuto operare in vari settori fra cui uno sportello informativo, un orto botanico per piante rare, una palestra per riabilitazione di soggetti disabili e un progetto per il fotovoltaico", inducendo disoccupati "a promettere il proprio sostegno elettorale, e quello di amici e congiunti".
L'inchiesta è cominciata subito dopo le lezioni del 2010, su presentazione di una denuncia alla procura della Repubblica da parte di Aurelio Chizzonini, ex presidente del Consiglio comunale di Reggio Calabria e primo dei non eletti in Consiglio regionale. Dalle inchieste nacquero due filoni di indagine: la prima, conclusasi nei mesi scorsi, che ha portato al rinvio a giudizio di Rappoccio; la seconda, che ha prodotto la richiesta di arresto con verifica di condotte che sembrano essere perfino più gravi.
Secondo la Procura generale, tra gli altri, Rappoccio avrebbe violato anche l'articolo 48 della Costituzione italiana secondo il quale "il voto è personale ed eguale, libero e segreto".
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