L’Isfol, l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, ha presentato il Rapporto Orientamento 2010, offrendo un’immagine chiara e puntuale dei servizi di orientamento alla formazione e alle professioni nell’anno in oggetto.
Per la prima volta, da quando viene redatto e pubblicato, annualmente, il rapporto, l’indagine dell’Isfol ha potuto vagliare, attentamente, non solo l’offerta ma anche la domanda dei suddetti servizi. Sono oltre 15 mila le strutture che erogano servizi di orientamento ad essere state censite nel rapporto 2010. Dall’indagine emerge un dato molto contraddittorio: il 90,2 % degli intervistati conosce i servizi di orientamento ma meno del 50% li avrebbe utilizzati nell’anno solare 2010.
L’Isfol ha reso noto che i soggetti che hanno usufruito maggiormente delle potenzialità dei servizi di formazione ed orientamento al lavoro, sono “i soggetti con caratteristiche di ‘debolezza’ rispetto al mercato del lavoro ossia le donne, i giovani, i disoccupati e i soggetti in cassa integrazione; nonché i soggetti con titolo di studio più elevato“.
I canali privilegiati per l’orientamento, secondo il rapporto, rimangono sempre le famiglie e gli insegnanti ma oltre il 60% dei giovani interpellati ha dichiarato di aver usufruito, almeno una volta, dei servizi di orientamento nel sistema scolastico (istituti di primo grado 82,4%, istituti di secondo grado 72,1%, università in continua crescita).
Il rapporto orientamento 2010 ha coinvolto, nella fase di acquisizione dei dati, oltre 4000 soggetti e, fra questi, giovani (studenti di scuola media, superiore e dell’università) e adulti (sia occupati che disoccupati e/o inoccupati).
Il dato sull’utilizzo dei servizi di orientamento, in realtà, risulta davvero negativo se paragonato alla situazione degli altri stati europei. Ciò potrebbe essere dovuto, in larga parte, alla difficoltà di integrazione e di innovazione degli stessi servizi. La speranza è che partendo da tale negativo presupposto, tuttavia, si eserciti, da più parti, una spinta di consolidamento dell’offerta al fine di renderla “perfettamente aderente” alle esigenze del mondo del lavoro italiano. Altrimenti, diciamoci la verità, queste tipologie di rapporti servirebbero solamente a fornire una serie impressionante di dati senza, di fatto, influenzare e/o determinare i relativi percorsi di modernizzazione e di sviluppo dell’offerta.
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