Il reddito di cittadinanza è ormai partito, con le molte domande che sono già state consegnate. La rosa dei lavori che i beneficiari del sussidio possono rifiutare, senza perdere il diritto al beneficio è vasta, passando dal part-rime ai lavori stagionali. Si potranno rifiutare le offerte non congrue e con stipendio mensile inferiore agli 858 euro.
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I lavori che i beneficiari di reddito di cittadinanza dovranno rifiutare
La macchina del reddito di cittadinanza è ormai partita, registrando tante domande già presentate alle Poste oppure ai Caf. Manca solamente da risolvere la questione legata all’assunzione dei Navigator. Sono molti i lavori che i beneficiari del reddito possono rifiutare, senza correre il rischio di perdere il diritto al sussidio economico. I beneficiari, hanno il diritto di rifiutare i lavori con stipendio mensile inferiore agli 858 euro, ma hanno anche il diritto di rifiutare le offerte di lavoro ritenute non congrue. Tutto ciò, senza rischiare di perdere il beneficio economico del reddito di cittadinanza. Parliamo dunque, di un ventaglio ampio di possibili occupazioni che verranno tagliate fuori, perché attualmente pagate meno della cifra detta sopra. Ci riferiamo ad occupazioni come: i lavori stagionali, a chiamata, i part-time, gli apprendisti, molti lavori nel settore artigianale ed agricolo, ma anche impieghi nella ristorazione non saranno risparmiati.
Quando i beneficiari di reddito di cittadinanza perdono il diritto
I centri per l’impiego, devono dunque proporre ai beneficiari del sussidio, proposte di lavoro adeguate. Ciò significa che devono proporre lavori che, rispettino i paletti della congruità e del tetto minimo di stipendio mensile. I beneficiari, hanno il diritto di rifiutare le offerte di lavoro che non rispettano questi criteri, senza correre il rischio di perdere il beneficio. Solamente a seguito del terzo rifiuto di proposte di lavoro congrue, il beneficiario perderà il diritto al sussidio. Chiariamo cosa si intende per offerte di lavoro congrue. Un offerta di lavoro per definirsi congrua, deve possedere tre requisiti fondamentali:
- Il tempo indeterminato oppure a termine o anche lavoro di somministrazione di almeno 3 mesi;
- Il tempo pieno o comunque con orario di lavoro che non sia inferiore all’80% rispetto all’ultimo contratto di lavoro;
- Il tetto minimo di retribuzione mensile, che non deve essere inferiore agli 858 euro
Requisiti che, devono essere tutti presenti nelle offerte proposte. Ci rendiamo facilmente conto, conoscendo il mercato del lavoro italiano, che questi paletti, questi requisiti indispensabili, rischiano di tagliare fuori dal reddito di cittadinanza molte possibili proposte lavorative. Molte occupazioni, soprattutto se si tratta del primo impiego, non posseggono queste tre caratteristiche.
Tetto minimo di stipendio: i lavori che non lo raggiungono
Sono molti i lavori e le occupazioni, che oggi, nel mercato del lavoro, non raggiungono il tetto minimo di retribuzione, fissato dal reddito di cittadinanza. Lavori che sono dunque esclusi e rifiutabili da parte del beneficiario del sussidio. Ci riferiamo ai molti lavori stagionali. Ad esempio, nei lavori stagionali in agricoltura, si arriva a ricevere una busta paga di 505,05 euro al mese, per le 180 giornate di lavoro all’anno. Anche molti part-time non arrivano alla soglia minima di retribuzione fissata. Infatti, un part-time al 50% di 5° livello, arriva a percepire 807,41 euro mensili per 20 ore settimanali di lavoro. Così come, un commesso part-time al 50% di 4° livello, ha una busta paga di 808,34 euro. Anche molti lavori di apprendistato, hanno paghe più basse degli 858 euro previsti dal reddito di cittadinanza. Si tratta di limiti che effettivamente tagliano fuori dalle possibili offerte di lavoro una grande fetta di occupazioni, che perdono così di valore.
L’assetto del mercato del lavoro potrebbe cambiare
Escludendo un’ampia fetta di lavori dal reddito di cittadinanza, si rischia di far perdere valore a determinate categorie di lavori, e farle uscire dal mercato del lavoro stesso, con notevoli difficoltà nel reperire le risorse in futuro. E’ quanto afferma Lorenzo Mattioli, presidente dell’Amip e Donatella Prampolini, vicepresidente di Confcommercio. Il problema riguarda anche il settore dei call center, delle colf ed imprese di pulizia, settore che potrebbe vedersi tagliato fuori dal ventaglio delle offerte congrue, da rivolgere ai beneficiari del reddito di cittadinanza. Andrea Zini, vicepresidente di Assindatcolf, afferma che con il tetto minimo di retribuzione, c’è il reale rischio di incrementare la propensione al lavoro in nero comunque a restare nell’irregolarità. Già oggi, nel settore lavoro domestico, fatto di colf, baby sitter e badanti, sono 1,2 i milioni di lavoratori in nero.
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