Il Paese di Frau Merkel è da sempre molto attento alle politiche a sostegno della famiglia. E in Italia, come vanno le cose?
Il ministro tedesco della Famiglia, Manuela Schwesig, è convinta che l’affermazione professionale sia una cosa importante. E che stare a casa coi propri figli, soprattutto nei loro primi anni di vita, rappresenti un’esigenza irrinunciabile. Per andare incontro ai bisogni dei neo-genitori che lavorano e che non vogliono fare troppe rinunce in famiglia, ha quindi pensato di proporre un bonus di 300 euro al mese. Che, in parole povere, potrebbe essere erogato alle mamme e ai papà che accetteranno di andare in ufficio di meno, per stare più a casa coi loro figli. La misura prevede che si passi dalle canoniche 36 ore lavorative a settimana alle 28. E, stando a quanto fin qui trapelato, potrebbe essere estesa anche ai genitori single e ai separati.
Il costo complessivo dell’operazione – di cui, per ora, ci si limita a parlare – è stato stimato in un miliardo di euro all’anno. Soldi che (come già detto) potrebbero finire nei portafogli dei neo-genitori tedeschi disposti a dedicarsi un po’ di più alla cura dei loro figli e un po’ di meno agli impegni lavorativi. “La grande maggioranza dei giovani – ha spiegato il ministro Schwesig – ha bisogno di tempo per seguire i figli e lavorare. Crediamo che sia loro diritto poter disporre di ore da trascorrere in famiglia. Per questo, il governo vuole fare ai giovani genitori un’offerta che supporti il loro desiderio di stare insieme ai loro bambini e il bisogno di mantenere un lavoro”. “Vogliamo consentire ai genitori – ha rimarcato la responsabile delle famiglie tedesche – di condividere, al massimo, il lavoro e l’educazione dei figli, con lo stesso impegno”. Il bonus verrebbe erogato, per un periodo massimo di due anni, a tutti i genitori con figli fino a 8 anni. Per aiutarli a dividersi meglio tra gli impegni professionali e quelli familiari e per consentire alle mamme lavoratrici (che sono solitamente quelle costrette a fare più rinunce) di vivere meglio la loro nuova condizione.
La proposta della Schwesing è solo l’ultima di una lunga serie di misure concepite per supportare la “genitorialità” in Germania. Dove il sistema di welfare a sostegno delle famiglie risulta particolarmente efficace. Il Paese di Frau Merkel ha, infatti, da tempo predisposto l’erogazione del cosiddetto “Kindergeld” (letteralmente: “il denaro del bambino”) che altro non è se non un bonus mensile di 190 euro concesso alla nascita di ogni bambino, in terra teutonica. Un aiuto importante che sale a 196 euro al mese, nel caso del terzo figlio, e arriva a 221 euro, se ne sopraggiunge un quarto. A beneficiare del “Kindergeld” possono essere tutte le donne che risiedono regolarmente in Germania, anche quelle extracomunitarie.
Non solo: tutte le mamme tedesche che lavorano possono fruire di un assegno di maternità calcolato sul reddito dell’anno precedente, e quelle che tornano prima del previsto in ufficio godono di speciali sussidi. Interessanti sgravi fiscali sono previsti anche per i papà tedeschi che lavorano, mentre i congedi parentali, retribuiti dallo Stato, possono andare dai 300 ai 1.800 euro al mese, in base allo stipendio di mamma e papà. E le donne, ne possono fruire per un anno intero. E non si trascuri il prezioso contributo sul fronte degli asili: a pagare una parte importante delle rette, in Germania, sono infatti lo Stato e i Comuni.
E in Italia? Quali sono le misure promosse per rendere meno faticosa e dispendiosa la vita dei neo-genitori? Partiamo dal bonus bebè che dispensa 80 euro al mese per ciascun figlio. Può essere incassato, per un massimo di 3 anni, dalle famiglie con un indicatore Isee inferiore ai 25 mila euro annui. Mentre i nuclei più bisognosi, che non arrivano ai 7 mila euro all’anno, possono contare su un importo raddoppiato, pari a 160 euro al mese. Per quanto riguarda l’assegno di maternità, in Italia ne esistono di due tipi: quello erogato dallo Stato e quello erogato dai Comuni. A beneficiare del primo possono essere le mamme lavoratrici con almeno 3 mesi di contribuzione, le disoccupate che hanno perso il lavoro da non più di 9 mesi dal parto e le mamme licenziate che possono documentare almeno 3 mesi di contribuzione, nel periodo che va dai 18 ai 9 mesi antecedenti alla nascita del proprio figlio. L’assegno di maternità dei Comuni viene, invece, erogato alle mamme che non lavorano; possono farne richiesta anche le straniere, dietro presentazione di regolare permesso di soggiorno. L’importo dell’assegno di maternità, in Italia, supera di pochissimo i 338 euro mensili e può essere incassato dalle famiglie con Isee inferiore ai 16.954 euro annui, per un periodo massimo di 5 mesi.
Per quanto riguarda i congedi parentali, mamma e papà ne possono fruire per un periodo massimo di 10 mesi. Fino ai 6 anni del bambino, vengono retribuiti al 30% dello stipendio; dai 6 agli 8 anni del bambino, possono essere retribuiti al 30% (a patto che non se ne sia usufruito nei 6 anni precedenti); mentre dagli 8 ai 12 anni del bambino, non prevedono alcuna indennità. E infine i voucher asili nido e baby sitter che contemplano l’erogazione di 600 euro al mese (per un massimo di 6 mesi) a favore delle donne che tornano a lavorare, dopo la maternità. Ma attenzione: l’agevolazione, di cui si può fare richiesta al posto del congedo parentale, non è la stessa per tutte: le mamme imprenditrici e che lavorano in modo autonomo possono goderne, infatti, solo per tre mesi.
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