L’ultimo tabù sui selfie (gli autoscatti che spopolano tra grandi e piccini) sembrano averlo abbattuto alcuni medici e infermieri campani. I quali si sono immortalati, con tanto di camici e mascherine, poco prima di intervenire sui pazienti distesi sui lettini delle sale operatorie. La vicenda ha suscitato grande scalpore: in molti hanno puntato l’indice contro il comportamento dei sanitari “irrispettosi”, ma un’analisi più approfondita può forse indurci a giungere a conclusioni meno affrettate e severe.
L’ira dei rigoristi
Le foto “recriminate” – che sarebbero state scattate in più ospedali della Campania – hanno fatto insorgere il presidente dell’Ordine dei medici di Napoli, Silvestro Scotti, che ha definito “deprecabile” il comportamento dei colleghi. “Se riusciremo ad individuarli – ha detto – dovranno giustificare le loro azioni. Poi valuteremo eventuali sanzioni“. E già perché i medici con il “vizio” dell’autoscatto in sala operatoria potrebbero dover pagare il conto della loro leggerezza. L’ipotesi più accreditata è che ci si fermerà a dei semplici richiami, ma i più indisposti non escludono che si possa arrivare anche alle censure. Sia come sia, l’episodio che di certo non merita particolari elogi (basti pensare a quanto ci darebbe fastidio vedere l’immagine di un medico che ammicca alla fotocamera poco prima di operare un nostro familiare) può fornirci il pretesto per analizzare le dinamiche che si innescano in particolari situazioni.
Ma scherzare, si deve
Come ha ben messo in evidenza il medico psicanalista Luciano Casolari in un articolo pubblicato ieri su Il Fatto Quotidiano.it, quelle del medico e dell’infermiere sono professioni particolarmente delicate, costantemente esposte a insidiose situazioni di stress. “I medici e gli infermieri che lavorano in sala operatoria – ha osservato – da sempre si trovano a fronteggiare l’idea della morte e della sofferenza. Per poter tagliare la pancia di una persona, occorre attuare un distacco psicologico dall’immagine di costui come essere umano e riuscire a vederlo come un caso clinico. Questa disumanizzazione del paziente è normale e doverosa e permette al medico di lavorare in modo efficace ed efficiente”. “Di fronte all’idea della morte o della sofferenza, che aleggiano inevitabilmente durante gli interventi – ha rimarcato Casolari – due sono gli antidoti naturali che l’essere umano mette in atto: l’erotismo e l’umorismo. Eros e Thanatos da sempre sono in lotta dentro al nostro inconscio”. “Non voglio scusare i colleghi, ma cercare di capirli”, ha concluso lo psicanalista, che ha aggiunto: “Lasciare che l’equipe chirurgica sorrida e scherzi è doveroso perché loro devono, attraverso questo meccanismo, riuscire a essere superiori all’idea della sofferenza e alla paura della morte”. Siete d’accordo?
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