Aprire una casa famiglia è un idea fatta a misura di persone propense ad aiutare i meno fortunati e dotate di un forte senso sociale. Per aprire una casa famiglia è sufficiente disporre di un edificio a uso abitativo. La casa famiglia è una struttura per ospitare minorenni senza genitori, diversamente abili, adulti in difficoltà, clochard o persone affette da malattie fisiche e mentali. Ecco le istruzioni fondamentali per sapere come aprire una casa famiglia.
Indice
Cosa serve per aprire una casa famiglia?
Non è possibile improvvisarsi gestori di una casa famiglia. Studi ad hoc nell’ambito dei servizi sociali e della psicologia sono requisiti fondamentali per dare avvio a un’attività del genere. A questo si aggiunge una perfetta conoscenza dell’articolata e complessa normativa relativa alla gestione di una struttura di questo tipo. Completa il quadro un genuino desiderio di aiutare il prossimo.
Quanto costa aprire una casa famiglia?
Disponendo dell’immobile, gli unici costi sono quelli imputabili al personale, sebbene si possa svolgere questa mansione anche per volontariato. Nel caso in cui si opti per ospitare anche diversamente abili, occorre che lo stabile non presenti barriere architettoniche. Agli eventuali oneri di ristrutturazione dello stabile, oggettivamente difficilmente quantificabili, e al costo del personale, si aggiungono le spese di gestione ordinaria della struttura: anche in questo caso varieranno in base agli ospiti (diete e cure mediche specifiche per le persone con malattie fisiche, momenti ludico-didattici tenuti da personale qualificato per i minori senza genitori, ecc.).
Normative per la corretta gestione di una casa famiglia
Si tratta dell’aspetto più complesso, data la particolarità di questa forma di struttura ricettiva. La normativa che regola una casa famiglia è la Legge 328 del 2000 emanata dal Ministro per la Solidarietà Sociale. Una casa famiglia risponde alle consuete norme sulle abitazioni civili, pertanto deve rispettare sia la Legge 46/90 sugli impianti, ma anche i dettami regolamentari contenuti nelle Leggi 626/06 e 81/08 sulla sicurezza dei posti di lavoro.
Per aprire una casa famiglia occorre una preventiva autorizzazione del Comune dove sorge la struttura. Il legale rappresentate della società, della cooperativa o dell’associazione costituita per la gestione della casa famiglia è chiamato a presentare domanda in carta da bollo all’assessorato ai Servizi Sociali del Comune, cui allegare il curriculum di tutto il personale, i relativi contratti di lavoro, le autorizzazioni ricevute, la planimetria e il progetto educativo che si ha intenzione di adottare. Una volta ricevuto il nulla osta da parte del Comune, esso dovrà essere autenticato da un notaio.
Nel caso in cui la casa famiglia desideri offrire anche servizi infermieristici in proprio, oppure utilizzando quelli messi a disposizione dalla locale Asl, occorre un passaggio burocratico ulteriore, ossia una comunicazione, redatta sempre dal legale rappresentante, al Dirigente dei Servizi Diretti dell’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune. Questi sarà chiamato a effettuare entro 60 giorni le verifiche del caso e a fornire il suo parere.
Da rispettare anche la normativa riguardante le dimensioni minime degli alloggi per gli ospiti: le camere singole devono essere ampie almeno 9 metri quadri, per due posti letto c’è bisogno di 14 metri quadri, i soggiorni e le sale necessitano di 18 – 22, le cucine di 8.
Queste norme riguardano una casa famiglia particolarmente strutturata, ma se si hanno 6 o meno ospiti non occorre l’autorizzazione comunale. Non c’è bisogno della nulla osta comunale anche se le attività della casa famiglia hanno solo finalità abitative, educative e d’inserimento lavorativo (quindi non socio – assistenziali). Una volta presentata la Dichiarazione d’inizio attività all’assessorato alle Politiche Sociali del Comune, se entro 60 giorni l’ente non dispone di appositi controlli, l’attività della casa famiglia può avere inizio.
Come si mantiene una casa famiglia?
Premessa doverosa: aprire una casa famiglia non è un’attività lucrativa. Si alimenta con contributi pubblici, erogati dagli enti preposti, come Comune e Regione. Oppure con donazioni da parte di privati cittadini. Nel gestire questa struttura ricettiva, però, si potrà contare sul valido sostegno offerto dalla Asl locale che metterà a disposizione un equipe, chiamata Servizio Affido, formata un Responsabile dell’Affido, uno psicologo e quattro assistenti sociali. Questo team è chiamato a valutare l’idoneità dell’inserimento di un soggetto in una casa famiglia e a controllare l’andamento del progetto. Ci sono poi le riunioni del Gruppo d’incontro delle case famiglia, momenti di confronto tra gli operatori delle strutture di un dato territorio per presentare richieste all’ente pubblico o per scambiarsi esperienze e progettualità.
Supporto
Per chi volesse un supporto per l’apertura di una casa famiglia ed avere info e consigli per avere donazioni, contributi o agevolazioni pubbliche segnaliamo il Kit Creaimpresa: Come aprire una Casa Famiglia (da noi valutato e ritenuto veramente valido)