Stop alle presentazioni sbrigative durante il primo giorno di lavoro. Oggi le aziende scelgono di “coccolare” i nuovi arrivati, costruendo intorno a loro specifici percorsi di accoglienza. Che possono protrarsi per un anno
Conoscete il detto: “Chi bene inizia è a metà dell’opera”? E’ quello che sempre più aziende sembrano tenere in considerazione quando decidono di accogliere nuove risorse. Tecnicamente si chiama On-Boarding ed altro non è se non il meccanismo attraverso cui i nuovi assunti acquisiscono – col tempo – le conoscenze, le competenze e i comportamenti utili a diventare parte integrante del gruppo aziendale. Lo step dell’inserimento, che fino a qualche tempo fa era avvertito come una pratica noiosa (da liquidare in tutta fretta), acquista sempre più importanza, come documentato da una recente indagine condotta dal Top Employers Institute, che ha passato ai raggi X 600 aziende (tra cui 66 italiane) in tutto il mondo.
Va innanzitutto sottolineato che tutte le imprese interpellate dall’istituto hanno ammesso di destinare sempre più attenzione alle politiche dell’On-Boarding. E non lo fanno certo per pura filantropia (o perlomeno, non solo), ma perché perfettamente consapevoli dei giovamenti che possono trarre da una simile condotta. Un buon inserimento in azienda può, infatti, spianare la strada a una collaborazione produttiva e duratura. E sancire l’avvio di rapporti professionali destinati a far crescere, in maniera importante, i profitti dell’azienda. Ecco perché, come certificato dall’indagine realizzata nello scorso mese di aprile (di cui riportiamo solo i dati che riguardano le imprese italiane), nel 71% dei casi, sono gli stessi top manager ad accogliere i neo-assunti in azienda e a presentarli ai colleghi con cui divideranno compiti e responsabilità. Non solo: nel 77% dei casi, la nuova risorsa ha l’opportunità di incontrare l’Executive Management, entro i primi 6 mesi del suo arrivo in azienda.
Ma quali sono gli strumenti su cui le imprese scommettono per accogliere, nel modo migliore, i neo assunti? L’On-Boarding non può prescindere dall’incontro con il manager di riferimento (indicato dal 100% del campione intervistato) che illustra le procedure e la cultura aziendali e fornisce chiarimenti sui compiti e le aspettative. Il 94% delle aziende coinvolte nel monitoraggio ha, invece, dichiarato di puntare su un dettagliato manuale di inserimento e l’82% su periodiche riunioni di aggiornamento tese a verificare come sta procedendo il percorso del nuovo arrivato. Il 59% delle società fa, invece, affidamento su un “buddy” (un mentore) e il 58% si preoccupa di realizzare un vero e proprio “pacchetto pre-assunzione” che illustra i punti salienti della politica aziendale al futuro dipendente. Il quale può, dunque, documentarsi per arrivare preparato al primo giorno di lavoro.
E veniamo alla durata dell’On-Boarding che – se fino a qualche anno fa, si esauriva nell’arco di 2/3 giorni – oggi si protrae per un periodo di tempo ben più lungo, compreso solitamente tra i 3 e i 6 mesi (ma può arrivare a coprire anche un anno intero). Un periodo durante il quale l’azienda cerca di profilare percorsi sempre più personalizzati, in modo da favorire e velocizzare il processo d’integrazione del “novellino” in azienda. Cosa vuol dire concretamente? Che la sbrigativa presentazione dei colleghi a cui si veniva sottoposti (fino a qualche tempo fa) durante il primo giorno di lavoro ha ceduto il passo a strategie di accoglienza che tengono conto delle caratteristiche personali del neo-assunto. Nel tentativo di costruire intorno al lui un ambiente quanto più gradevole possibile, che possa spingerlo a dare il meglio di sé.
Tornando ai dati della ricerca condotta dal Top Employers Institute, l’88% delle imprese intervistate ha dichiarato di prevedere percorsi mirati, “cuciti addosso” alla nuova risorsa e il 52% di programmare incontri di verifica, a un anno di distanza dalla sua assunzione. E concludiamo con l’importanza che viene diffusamente riconosciuta ai social network. Che, anche in fase di On-Boarding, possono fare la differenza. Il 76% del campione interpellato ha, infatti, affermato di fare leva sui social media aziendali (che consentono di cementare rapporti amichevoli e distesi coi colleghi), il 65% di scommettere su pranzi e cene fuori dall’ufficio e il 55% di caldeggiare e promuovere eventi di social networking. Perché un lavoratore ben inserito nel gruppo è un lavoratore più motivato, che va più volentieri in ufficio e produce di più. “Un processo di On-Boarding efficace e ben strutturato – ha osservato l’amministratore delegato del Top Employers Institute, David Plink – dà la possibilità di disporre, più rapidamente, di dipendenti pienamente produttivi e consapevoli della cultura aziendale. In una situazione di mercato in cui i candidati hanno sempre più accesso alle informazioni relative all’azienda in cui andranno a lavorare – ha aggiunto Plink – un percorso di On-Boarding ben strutturato, capace di valorizzare l’integrazione sociale e culturale dei nuovi assunti, rappresenta un importante elemento di attrazione e di fidelizzazione dei talenti e aumenta sensibilmente l’appealing dell’azienda”.
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