Sarà la crisi o il fatto che gli italiani sono diventati meno “schizzinosi”, ma l’abitudine di buttare nella spazzatura gli alimenti scaduti, senza verificarne prima l’effettivo stato, coinvolge solo il 32% del campione interpellato dalla Coldiretti in una recente indagine. Di contro, il 55% non si lascia scoraggiare dalle date di scadenza riportate sulle confezioni e consuma alimenti che considera ancora “mangiabili”.
Un esempio concreto? Un pacco di spaghetti scaduti, nel 70% dei casi, finirà comunque sulla tavola degli italiani, mentre nel 30% verrà eliminato senza alcuna ulteriore verifica. Ma ci sono cibi scaduti e cibi scaduti. Come ha messo in evidenza la Coldiretti, infatti, pochi italiani prestano la dovuta attenzione alle due diverse diciture riportate sulle confezioni dei prodotti alimentari. “La dicitura ‘Da consumarsi entro..’ – hanno precisato dall’associazione – è la data entro cui il prodotto deve essere consumato e anche il termine oltre il quale un alimento non può più essere posto in commercio. Tale data di consumo non deve essere superata altrimenti ci si può esporre a rischi importanti per la salute. Si applica ai prodotti preconfezionati, rapidamente deperibili come il latte fresco (7 giorni) e le uova (28 giorni) e vale indicativamente per tutti i prodotti con una durabilità non superiore a 30 giorni”. “Discorso diverso – hanno aggiunto dalla Coldiretti – merita invece il Termine Minimo di Conservazione (TMC) riportato con la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro…” che indica la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà organolettiche e gustative o nutrizionali specifiche in adeguate condizioni di conservazione, senza con questo comportare rischi per la salute, in caso di superamento della stessa”. Insomma: se decidiamo di consumare un alimento che riporta una data di scadenza precisa, rischiamo concretamente di imbatterci in un brutto mal di pancia (a voler essere ottimisti); mentre nel caso di una data di scadenza indicativa, il peggio che ci possa capitare è consumare un alimento poco gustoso o nutriente. Un rischio che molti italiani, soprattutto in tempi di ristrettezze economiche, scelgono di correre.
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