Crescono le spese obbligate delle famiglie, mentre scendono quelle destinate ai beni commercializzabili. Dal 1995 a oggi, gli italiani hanno dovuto cambiare passo, adattandosi ai “marosi” della crisi che ha modificato (anche) le loro abitudini di acquisto. Come certificato dall’Ufficio Studi di Confcommercio che ha scattato una fotografia dettagliata sui consumi dei nostri connazionali.
L’analisi ha rilevato che, nel corso degli ultimi 20 anni, i consumi obbligati (che riguardano, per intenderci, gli affitti e le spese legate alla manutenzione e alla riparazione della casa, oltre all’acqua, all’energia elettrica, alla sanità, alle assicurazioni e ai servizi finanziari, solo per citarne alcuni) sono passati dal 36,6% del 1995 al 41,9% del 2015. Di contro, i consumi dei beni commercializzabili (che coinvolgono, invece, gli alimentari, le bevande, il tabacco, l’alcol, ma anche il vestiario e le calzature, oltre a molti altri prodotti) sono scesi dal 46% del 1995 al 36,7% del 2015. In aumento, infine, la quota dei consumi dei servizi commercializzabili (dai servizi postali a quelli di trasporto; dai servizi alberghieri all’istruzione) che è passata dal 17,4% rilevato nel 1995 all’attuale 21,4%.
Per quanto riguarda la spesa pro-capite, i tecnici di Confcommercio hanno evidenziato come sia l’abitazione a costare particolarmente cara agli italiani, con un aumento dei costi che, in 20 anni, ha raggiunto il 110%. Se nel 1995, infatti, ogni connazionale spendeva mediamente 1.900 euro per il mantenimento della propria dimora, nel 2015 ha dovuto sborsarne ben 4.012. Spese in aumento anche alla voce sanità, con un esborso pro-capite passato dai 342 euro del 1995 ai 547 del 2015. Per non parlare della spesa per assicurazioni e carburanti che si è significativamente “gonfiata” passando dai 967 euro pro-capite di 20 anni fa agli attuali 1.614.
Detta in percentuali: gli italiani che, nel 1995, destinavano solo il 18,3% dei loro consumi alla casa, ne destinano adesso il 24,3% del totale. Mentre hanno imparato a ridimensionare i consumi dei beni alimentari che sono passati dal 17,9% del 1995 all’attuale 15%. Quanto al consumo dei servizi, esso è aumentato, in 20 anni, di 4 punti percentuale passando dal 17,4% rilevato nel 1995 al 21,4% di quest’anno.
Cosa ci dice la ricognizione della Confcommercio? Che la crisi che continua a mordere, unitamente a una pressione fiscale in costante aumento, ha compromesso pesantemente la disponibilità economica delle famiglie italiane, che hanno dovuto “premiare” (innanzitutto) le spese obbligate. Orientandosi anche verso una progressiva “terziarizzazione” dei consumi che ha, invece, penalizzato l’acquisto dei beni commercializzabili come quelli alimentari.
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