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Contratto a tutele crescenti: ecco chi riguarderà

Quante persone potrebbero essere interessate dal contratto a tutele crescenti? Ecco una stima (difficile!) per arrivare all’impatto positivo.

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Ha preso finalmente il via il nuovo contratto a tutele crescenti. Una forma contrattuale che rappresenta il perno del Jobs Act del governo Renzi e che – dalle prime stime – sembra possa riguardare una platea iniziale di quasi 700 mila potenziali candidati. Secondo le stime compiute da Il Sole 24 Ore in collaborazione con il centro studi Datalavoro, a tanto ammonterebbe infatti le fila di disoccupati, precari e inattivi che potrebbero essere interessati dalla novità contrattuale.

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Ma la stima potrebbe essere piuttosto aleatoria: cerchiamo di capire il perché.

Stando a quanto afferma il quotidiano economico finanziario, la stima di cui sopra comprenderebbe anche una quota di lavoratori che hanno già un posto fisso, ma che desiderano cambiare il proprio rapporto di lavoro (circa 90 mila unità), e sarebbe ponderato sulla base degli inserimenti realizzati dalle imprese nel 2014, stando ai microdati Istat.

In ogni caso, compiere delle stime non è semplice. Così come non è semplice cercare di comprendere quanto le imprese potranno realmente risparmiare dal mix legato dal nuovo contratto a tutele crescenti e dalle agevolazioni previste per le nuove assunzioni.

Sempre stando a Il Sole 24 Ore, ad esempio, ipotizzando che un’impresa voglia assumere un giovane operaio metalmeccanico, con retribuzione (lorda) di 1.589 euro, il bonus introdotto dalla legge di Stabilità permetterebbe all’impresa di risparmiare 505 euro di contributi Inps al mese (per un massimo di 8.060 euro). Diviene così notevolmente più oneroso – in termini relativi – il contratto a termine avviato con la legge Fornero, con un incremento dei contributi dell’1,4% (e con esborso mensile complessivo di 2.116 euro, un terzo in più del nuovo contratto a tutele crescenti).

Sulla base di quanto sopra è dunque intuibile pensare che una parte rilevante dei lavoratori assunti con contratto a termine potrebbe in realtà essere “migrato” sul fronte del nuovo contratto a tempo indeterminato con tutele crescenti. Dai dati delle comunicazioni obbligatorie del Ministero del Lavoro emerge ad esempio che in un trimestre l’11% dei nuovi contratti a termine dura più di 10 mesi, e il 3% un anno: questa fetta cumulata – circa 300 mila persone – potrebbe essere indirizzata verso un contratto più conveniente come quello introdotto dal Jobs Act.

Ad ogni modo, appare evidente l’aleatorietà delle stime. Non si potrà fare altro che attendere i primi monitoraggi delle settimane di avvio della nuova forma giuridica, per comprendere la natura dell’accoglimento del contratto da parte del mondo delle imprese…

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