Il 7 marzo 2015 è entrato a tutti gli effetti in vigore il Decreto legislativo n. 23/2015, meglio conosciuto come Jobs Act. Con esso si introducono nuove disposizioni per quanto riguarda il contratto di lavoro a tempo indeterminato. Definite a tutele crescenti. Cosa significa ciò? Che dal sette marzo 2015, lavoratori assunti, trasformati o qualificati …
Il 7 marzo 2015 è entrato a tutti gli effetti in vigore il Decreto legislativo n. 23/2015, meglio conosciuto come Jobs Act.
Con esso si introducono nuove disposizioni per quanto riguarda il contratto di lavoro a tempo indeterminato. Definite a tutele crescenti. Cosa significa ciò? Che dal sette marzo 2015, lavoratori assunti, trasformati o qualificati sono destinatari di un nuovo regime di tutela per i licenziamenti illegittimi (da distinguere dai licenziamenti per giusta causa). Sottraendo di fatto ogni discrezionalità al giudice e prevedendo così un’indennità risarcitoria crescente in ragione dell’anzianità di servizio in azienda. Di qui la denominazione di tutele crescenti. Vediamo nello specifico come funziona il contratto a tutele crescenti.
Indice
Destinatari del Contratto di lavoro a tutele crescenti
Il Jobs Act a tutele crescenti è destinato:
- ai lavoratori assunti a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015;
- ai lavoratori che sempre a partire da questa data hanno avuto trasformato il contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato;
- agli apprendistati che sono stati qualificati dal 7 marzo 2015.
Non ha invece effetto retroattivo sui rapporti di lavoro a tempo indeterminato già in essere (che rientreranno quindi nella disciplina precedente della Riforma Fornero). Ha invece effetto retroattivo per i lavoratori a tempo indeterminato la cui azienda, dopo il 7 marzo 2015, attraverso successive assunzioni a tempo indeterminato, superi i 15 dipendenti. In questo caso, il contratto a tutele crescenti sarà obbligatoriamente applicabile a tutti i lavoratori presenti in azienda, vecchi e nuovi assunti.
Ricordiamo ancora che il contratto di lavoro a tutele crescenti si applica anche ai datori di lavoro non imprenditori, che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto.
Come funziona contratto di lavoro a tutele crescenti
Il decreto introduce un nuovo regime di tutela per i casi di licenziamento illegittimo che, oltre a rendere più snello il percorso di uscita del lavoratore dall’azienda, toglie la discrezionalità al giudice riconoscendo un indennizzo economico di importo prevedibile (due mensilità) e crescente in funzione dell’anzianità di servizio. Vale a dire 2 mensilità per ogni anno di lavoro, ma con un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro.
Questi invece i casi in cui si consuma la reintegra del lavoratore:
- il licenziamento discriminatorio (quindi per motivi religiosi, politici, sindacali, razziali, linguistici, di sesso, handicap fisici o convinzioni personali);
- il licenziamento intimato durante i periodi di tutela (primo anno di matrimonio, durante la maternità e fino al compimento di un anno di età del bambino, per fruizione dei congedi parentali);
- il licenziamento per motivo illecito;
- il licenziamento intimato in forma orale.
In questi casi, a prescindere dalle dimensioni dell’azienda, il datore di lavoro verrà condannato alla reintegra del lavoratore e al riconoscimento di un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, dalla data del licenziamento alla data dell’effettiva reintegra, dedotto quanto eventualmente percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative (il cosiddetto aliunde perceptum), nonché da quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro (aliunde perceptum) e comprensiva del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Il risarcimento non potrà in ogni modo essere inferiore alle cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR. In realtà sono le stesse disposizioni già previste dalla precedente Legge Fornero. Ciò significa che non ci saranno differenze relative alla data di entrata in vigore delle tutele crescenti, né per quanto concerne le dimensioni dell’azienda.
Al lavoratore è lasciata l’opzione di richiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, una indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, non soggetta a contribuzione previdenziale. Tale richiesta deve essere effettuata entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dell’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se precedente.
Jobs Act tutele crescenti: la strada della conciliazione stragiudiziale
In realtà, la nuova disciplina sulle tutele crescenti, permette anche di evitare, per tutti i licenziamenti, il ricorso al giudice optando per la conciliazione stragiudiziale in sede protetta.
Di cosa si tratta? In sostanza, il datore di lavoro offre al lavoratore licenziato, entro 60 giorni dalla ricezione della lettera di ben servito, un importo non rientrante nel reddito imponibile IRPEF e non assoggettato a contribuzione previdenziale. Ha corresponsione immediata tramite assegno circolare, consistente in una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità.