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Def: OK per Istat, KO per tecnici Senato

Per Giorgio Alleva, le previsioni di crescita sono verosimili, ma da Palazzo Madama lamentano troppa imprecisione sulla spending review

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Le stime di crescita messe nere su bianco nella nota di aggiornamento al Def hanno incassato la “benedizione” del numero uno dell’Istat. Durante l’audizione di ieri presso le commissioni Bilancio di Camera e Senato, il presidente dell’istituto nazionale di statistica, Giorgio Alleva, ha infatti confermato che il Pil del 2015 dovrebbe attestarsi sul +0,9%, grazie a una crescita (congiunturale) compresa tra lo 0,2 e lo 0,4% che dovrebbe riguardare sia il terzo che il quarto trimestre dell’anno. Non solo: anche le previsioni sui prossimi due anni sono state accolte favorevolmente da Alleva che, similmente a quanto prefigurato dai tecnici di Palazzo Chigi, ha vaticinato una crescita del Pil pari all’1,6% nel 2016 e nel 2017.

Def
image by Per Bengtsson

“L’evoluzione dell’economia italiana nel 2015 – ha spiegato il presidente dell’Istat – risulterebbe trainata dalle componenti interne di domanda e da un contributo positivo delle scorte, a fronte di un contributo estero negativo”. E anche il mercato del lavoro starebbe dando segnali positivi, con un aumento del numero degli occupati, tra gennaio e luglio, stimato in oltre 100 mila unità. Più nel dettaglio, Alleva ha precisato che alla crescita della quota di lavoratori dipendenti è corrisposto un calo di quelli autonomi e che il minor ricorso alla cassa integrazione e la stabilizzazione del tasso di disoccupazione starebbero delineando una tendenza complessivamente positiva del mercato occupazionale.

Ma se la nota di aggiornamento al Def ha convinto il numero uno dell’Istat (almeno per ciò che riguarda le stime di crescita), lo stesso non è avvenuto con i tecnici del Senato che hanno puntato l’indice contro l’eccessiva vaghezza del documento su alcuni punti considerati importanti come le clausole di salvaguardia e il taglio alla spesa pubblica. I funzionari di Palazzo Madama hanno fatto notare che nella nota mancano indicazioni precise sul gettito derivante dalle clausole di salvaguardia introdotte dalla precedente manovra, quella firmata da Enrico Letta. E che – cosa forse più grave – nessuna indicazione precisa sarebbe stata fornita sulle coperture che dovrebbero consentire (tra le altre cose) l’abolizione dell’Imu. In pratica, il Governo avrebbe confermato l’intenzione di proseguire lungo la strada della spending review, ma avrebbe tralasciato di spiegare dove pensa di reperire le risorse.

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