Donne imprenditrici per combattere la crisi. Scelta o necessità? Un caso emblematico è rappresentato dalla Spagna, dove negli ultimi cinque anni sono state aperte 800.000 nuove imprese, tutte al femminile. Ma anche i dati relativi all’Italia sono sorprendenti. Quelli sulla disoccupazione degli ultimi anni invece non sono mai stati incoraggianti. In Spagna ancora oggi si stima che un cittadino su quattro sia senza lavoro, uno su due se si parla di giovani. Per le donne la percentuale sale: il 55% di loro risulta disoccupata. Ed ecco allora che la difficoltà diventa ingegno, il rischio diventa sfida e la caparbietà, intraprendenza. Storie vere di donne lavoratrici licenziate dall’oggi al domani o casalinghe, in alcuni casi per scelta, che si sono trovate a riorganizzare il ménage familiare a fronte di un marito all’improvviso disoccupato.
Come testimonia una di loro, Izanami Martinez, se si ha una buona idea imprenditoriale nel giro di poco tempo la si può realizzare. Non è così se si lavora per una grossa compagnia: la fase propositiva può protrarsi a lungo, fino a divenire quasi frustrante. Seppur vero che nel settore pubblico le quote al femminile sono sempre più in ascesa, nell’imprenditoria spagnola le donne non avevano ancora fatto emergere la propria presenza sul mercato. Con quasi 800.000 start up di business al femminile negli ultimi cinque anni, le nuove “boss” d’impresa entrano di diritto nell’economia del Paese e costringono i colleghi uomini ad un obbligato confronto. Certo è che pregiudizi e reticenze sono dietro l’angolo. Come sottolinea Almudena Velasco che, in occasione di meeting d’azienda e incontri con i clienti, era solitamente accompagnata dal suo unico dipendente, uomo. Ebbene il copione era sempre lo stesso: tutti si rivolgevano istintivamente a lui per parlare d’affari e a lei come se fosse la sua segretaria. Anche la famiglia e gli amici molto spesso rappresentano un freno e un ostacolo allo sviluppo della propria idea imprenditoriale, come nel caso di Beatriz Siguenza. Non è raro infatti che genitori e parenti spingano a rinunciare al rischio e a cercare una “sistemazione” sicura.
Anche in Italia, i dati registrati al riguardo sono sorprendenti. Ad oggi si contano quasi 1,4 milioni di business al femminile di cui oltre 860.000 ditte individuali (quindi con una sola donna a capo di tutto). Un vero e proprio boom di partite iva, con un aumento percentuale del 4% solo nell’ultimo anno. Il Fattore D in costante crescita risulta essere quello delle imprese di donne immigrate nel Bel Paese e di nazionalità extra-Ue, che ha oltrepassato nell’ultimo anno le 50.000 unità.
In generale, si tratta di donne che per passione o bisogno hanno tirato fuori dal cassetto i loro sogni, rimasti chiusi molto spesso per paura, e hanno deciso di avviare un’attività economica indipendente, soprattutto nei settori a loro più congeniali come quelli dell’estetica e benessere e dell’istruzione ma che si sono cimentate anche in quello dei servizi, come la ristorazione e l’accoglienza. E molte di loro si sono rivelate lungimiranti e intraprendenti dedicandosi all’high-tech e all’edilizia , dimostrando competenza e tenacia invidiabili. La sfida più grande rimane quella di conciliare storie professionali di successo con vita familiare e affettiva. Ma anche questa le donne imprenditrici l’hanno già accolta da tempo.
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