Le troppe tasse e le eccessive restrizioni rendono il Bel Paese poco attrattivo, agli occhi degli investitori. A differenza delle Isole Cayman dove il sistema fiscale è molto più snello e agevole
Avere a che fare con la burocrazia e il fisco italiano non è semplice. Lo sanno bene gli imprenditori, e i contribuenti in generale, che devono periodicamente dedicare buona parte del loro tempo al disbrigo di pratiche non proprio piacevoli. A confermare il tutto è uno studio realizzato da TMF Group – gruppo che fornisce consulenza fiscale e assicurativa alle aziende che vogliono investire ed espandere il loro giro di affari – che ha recentemente redatto il “Financial Complexity Index 2017”. Stando a quanto verificato dagli esperti, il nostro è il primo Paese europeo per complessità del fisco e il terzo a livello mondiale. Un primato di cui avremmo voluto volentieri fare a meno, visto che disporre di un sistema fiscale farraginoso equivale a mettere i bastoni tra le ruote a chi tenta di investire e produrre ricchezza.
Italia prima in Europa e terza nel mondo
Gli estensori dello studio hanno preso in esame i sistemi fiscali di 94 Paesi diversi: 50 europei e mediorientali, 24 americani e 20 asiatici. Cosa ne è venuto fuori? Che il fisco più complicato è quello della Turchia, seguito da quello del Brasile e – come già anticipato – da quello dell’Italia, che si guadagna il gradino più basso di questo “impopolare” podio. Nella top ten rientrano anche la Grecia, il Vietnam, la Colombia, la Cina, il Belgio, l’Argentina e l’India; mentre in fondo alla classifica si posizionano Hong Kong (91° posto), gli Emirati Arabi (92°), le Isole Vergini (93°) e le Isole Cayman (94°). Che – secondo gli autori del rapporto – vantano il fisco più “amico” del mondo.
“Nonostante le misure tese a ridurre la tassazione e ad allineare la contabilità amministrativa alle regole internazionali – si legge nella sezione dedicata all’Italia – il Paese presenta ancora delle specificità che contribuiscono a renderlo lo Stato con il fisco più complesso in tutta Europa e il terzo su scala mondiale”. Ma quali sono i problemi riscontrati dagli esperti della TMF Group? Ce ne sono parecchi. Partiamo dalla difficoltà che incontrano gli investiotri stranieri che, quando scelgono di puntare le loro fiche in Italia, devono attenersi a regole particolarmente severe che prevedono l’obbligo di redigere i bilanci e i documenti di contabilità in lingua italiana. E di convertire tutti i rendiconti in euro. E non è che l’inizio. La complessità del fisco italiano prevede anche l’obbligo, per le compagnie di assicurazione, di far firmare annualmente i libri e i registri contabili ai loro rappresentanti legali e l’obbligatorietà, in alcuni casi, della fatturazione elettronica. Un esempio? Tutte le fatture di vendita emesse a favore delle autorità pubbliche italiane devono essere caricate – si precisa nello studio – su specifici portali online.
E infine la tassazione: il sistema italiano contempla il pagamento di imposte a livello nazionale, regionale e comunale. A causa dell’alto numero di tasse che i contribuenti sono chiamati a versare separatamente e dell’elevato numero di documenti che devono presentare (per esempio, per ottenere i rimborsi), la giurisdizione italiana risulta quanto mai complessa, dal punto di vista fiscale. Visto che molto tempo deve essere dedicato al disbrigo di operazioni non sempre alla portata di tutti. E infatti, in molti casi, gli imprenditori e i cittadini del Bel Paese si vedono costretti a chiedere aiuto ad esperti ed operatori del settore.
Le differenze con le Isole Cayman – che, lo ricordiamo, sono il Paese con il fisco meno complicato del mondo – sono vistose. Gli investitori stranieri guardano con grande interesse all’arcipelago del Mar delle Antille, per tutta una serie di ragioni. Eccone alcune:
- non ci sono tasse sul reddito, sulle plusvalenze, tasse di successione e imposte sugli utili;
- le leggi sulla segretezza bancaria sono particolarmente stringenti e prevedono pene severissime per chi divulga informazioni senza essere autorizzato;
- non ci sono restrizioni sullo scambio estero;
- la giurisdiazione garantisce un eccellente livello di flessibilità, di privacy e di protezione dei propri beni;
- le aziende sono tenute ad avere dei libri contabili formali, che non devono soddisfare particolari standard o requisiti.
Le “maglie larghe” delle Isole Cayman non hanno nulla a che vedere con la rigidità del fisco italiano. Che, secondo gli estensori dello studio, dovrebbe puntare a una maggiore semplificazione e flessibilità.
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