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Food photographer: come fotografare il cibo trasforma l’appetito in una professione

Una vocazione, più che un mestiere. Una passione che si trasforma in professione, e che spesso non si apprende con scuole, corsi e master, ma da autodidatta, con tanta pratica e a furia di tentativi. Stiamo parlando del mestiere di fotografo, che al proprio interno si specializza in vari settori: dal reportage alla naturalistica, dalla …

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Una vocazione, più che un mestiere. Una passione che si trasforma in professione, e che spesso non si apprende con scuole, corsi e master, ma da autodidatta, con tanta pratica e a furia di tentativi. Stiamo parlando del mestiere di fotografo, che al proprio interno si specializza in vari settori: dal reportage alla naturalistica, dalla moda allo still life (natura morta e oggetti) fino al food (che è una branca dello still life), solo per fare qualche esempio.

I fotografi di food, nello specifico, sono coloro che si occupano di cibo, fotografando piatti per ristoranti o per articoli giornalistici di cucina e per libri di ricette, ma anche prodotti e packaging per aziende. Un’attività particolare, che richiede attenzione minuziosa ai dettagli e una certa “fame”. Sì, perché un bravo foodphotographer sa rendere appetitosi i piatti e i prodotti che fotografa, e deve invogliare a mangiarli chi li guarda.

Per quanto riguarda la formazione, le scuole di fotografia che prevedono un percorso professionale stanno sorgendo recentemente, e in Italia non sono molte; le affiancano corsi di laurea come quelli del Dams di Bologna, che però ha un’impronta più critica che pratica. Per questo spesso la maggior parte dei fotografi è autodidatta.

Chi diventa fotografo di food, spesso, lo diventa perché ama il cibo e la cucina. Per riuscire a procurarsi contatti e clienti è importante innanzitutto costruirsi un portfolio di alto livello, con 10-20 scatti impeccabili che mostrino lo stile del professionista. Quindi ci si propone ad agenzie di foto, ad agenzie pubblicitarie o ad aziende (in particolare, ai responsabili marketing), e se si mira a nomi importanti, bisogna essere già un professionista noto, oppure provare a passare prima attraverso un’agenzia che faccia da mediatore. “Per avviarsi nel settore del food, bisogna innanzitutto entrare nel giro, magari iniziando facendo l’assistente per un altro fotografo o collaborando con studi fotografici o agenzie”, spiega Alessandro Guerani, foodphotographer di Bologna (www.alessandroguerani.com) . “Con il tempo, poi”, prosegue, “sono i clienti che iniziano a conoscerti e a cercarti”.I fotografi di food in Italia lavorano essenzialmente con Partita Iva, mentre all’estero alcuni hanno contratti fissi in case editrici, ad esempio.

“Con l’avvento del digitale”, spiega Andrea Sudati, fotografo di food di Brescia (www.andreasudati.com), “si è molto ampliata la forbice tra professionisti di alto e di basso livello. Ormai tutti sono in grado di scattare fotografie, per questo motivo per distinguersi e svolgere davvero questa professione bisogna essere molto bravi e arrivare ad alti livelli per quel che riguarda la qualità delle immagini e gli strumenti ottimi, altrimenti sei costretto a uscire da questo settore”. Andrea Sudati si occupa essenzialmente di food per il packaging del prodotto di industrie alimentari (e scatta foto come quella della pasta infilzata dalla forchetta con il basilico, o del dettaglio della crema sulle confezioni dei gelati, per intenderci) e ci spiega che in questo caso il lavoro è un lavoro di squadra: “Si inizia con il briefing con l’agenzia pubblicitaria o con il cliente che spiega ciò che desidera”, racconta, “quindi interviene la figura dell’home economist che prepara il prodotto per fotografarlo, mentre uno chef lo cucina. Certo, dopo 20 anni di esperienza, talvolta se il cliente è piccolo così come il budget, intervengo io stesso nella realizzazione del prodotto che sia bello da vedere, come ad esempio spennellando un arrosto di iodato di sodio per renderlo più rosso”.

Il tasto dei compensi è un tasto su cui i foodphotographer si sbilanciano poco, probabilmente per la privacy che vogliono riservare a un mestiere da liberi professionisti come il loro. La cifra che un fotografo può chiedere al cliente è molto variabile: dipende dalla grandezza e dalla notorietà del cliente, dalla diffusione che lo scatto avrà (se rimarrà a livello locale o andrà in giro per il mondo, se sarà pubblicato solo online o su carta…). Così, uno scatto può valere 500 euro per un cliente, ma salire anche a 2000-3000 euro per un’immagine che verrà adoperata per due anni, ad esempio, in tutta Europa. Ma non solo: specialmente tra i più giovani o i professionisti meno esperti, è possibile trovare colleghi che si svendono proponendo lavori a prezzi stracciati: una piaga per il mercato, perché i clienti si abituano a lavori mediocri e prezzi bassissimi.

D’altronde, un lavoro ben fatto richiede studio, ponderazione, impegno e quindi tempo. “Quando si tratta di packaging”, spiega Andrea Sudati, “gli scatti da fare sono predefiniti in modo chiaro con il cliente, ad esempio sai già in partenza che dovrai lavorare su 3 immagini e di conseguenza preparare un preventivo per queste. Per un’immagine, poi, puoi anche lavorare persino 3 giorni… Ad ogni modo nulla è lasciato all’improvvisazione”. Diversa, invece, la situazione quando si lavora in cucina o in laboratorio con uno chef per fotografare i piatti: “In questo caso”, prosegue Andrea Sudati, “solitamente si viene pagati a giornata, sia che scatti 3 foto che 80. In questi contesti c’è maggiore creatività e si può giocare di più con le luci”. Le tempistiche, d’altra parte, non si possono definire a priori: “A volte uno shooting”, testimonia Marco Verzella (www.marcoverzella.com), fotografo milanese, “può durare un giorno per realizzare una sola immagine, ma dietro magari c’è una settimana di lavoro”. Per questo, insomma, riuscire a trovare un agente di fotografi è un vantaggio, “mentre all’estero”, prosegue Verzella, “riuscire ad entrare nel giro pare un po’ più semplice che in Italia”.

Farsi conoscere, ad ogni modo, è per ogni professionista della fotografia e della foodphotography, una questione basilare. Tutti i professionisti hanno un proprio sito web che è la loro vetrina e lo strumento attraverso cui mostrano il proprio portfolio e vengono contattati dai clienti. Con l’avvento dei social media, poi, si aggiungono altri canali al loro modo di presentarsi alle aziende, soprattutto per i giovanissimi, come nel caso di Giulio Riotta, fotografo di 26 anni. Giulio, palermitano trapiantato prima a Milano e ora a Roma, ha intrapreso questa strada 3 anni fa inizialmente fotografando per il portale Cibando e ora come libero professionista: poco tempo fa ha aperto un blog (Cucinalia.net) che in un solo mese ha già raggiunto 3000 visite "mentre il mio sito", commenta (www.giulioriotta.com), "ha circa 30 visitatori al giorno, e su Facebook ho una fanpage in cui posto servizi relativi alla ristorazione e taggo i clienti, così mi faccio conoscere agli amici degli amici e amplio il mio giro”.

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